Giubileo a 8 mesi al via: gli interventi in corso a Roma sono il 27% del totale



Il 24 aprile alle ore 16.30 mancheranno otto mesi esatti all’apertura della Porta Santa di San Pietro con cui il Papa darà ufficialmente il via al Giubileo 2025. Trentacinque settimane per accelerare su tutti i fronti, dalla realizzazione delle opere alla messa a punto dei dispositivi di sicurezza per garantire la migliore accoglienza agli almeno 32 milioni di pellegrini attesi.

L’aggiornamento sullo stato di avanzamento dei lavori è arrivato martedì scorso dal commissario straordinario, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, alla 13esima riunione della cabina di regia convocata a Palazzo Chigi dal sottosegretario Alfredo Mantovano. E si può riassumere con una percentuale – 27% – che indica quanti interventi sono al momento conclusi (+2) o in corso (57) sui 218 previsti dall’ultima rimodulazione, al netto di 13 di cui è stata chiesta la cancellazione dal programma. In gioco restano le stesse somme: 2,9 miliardi, a cui si aggiungono i 500 milioni della misura Pnrr Caput Mundi che, con la rimodulazione del Piano negoziata con la Commissione Ue, si è vista accordare uno sconto per il 2024. È stato infatti dimezzato da 200 a 100 il numero di siti archeologici e culturali da riqualificare almeno al 50% entro fine anno.

Che Roma sia un cantiere a cielo aperto non può sfuggire. Il tema è quanto lo sarà ancora a dicembre. La scommessa è in pieno svolgimento. All’unico intervento che risultava già concluso a febbraio (arresto del degrado e messa in sicurezza della zona dove dovrà sorgere l’area eventi a Tor Vergata presso le Vele della Città dello Sport) si è aggiunto un target procedurale: la conclusione del concorso di progettazione per la nuova passeggiata archeologica dei Fori imperiali.

Per il resto, a parte i 57 interventi in corso (quasi raddoppiati rispetto ai 32 di febbraio), sono date in fase di «imminente avvio» entro maggio altre 44 misure. Ulteriori 18 risultano in gara, sette in progettazione con lavori già affidati, 90 in progettazione senza affidamenti. A questo pacchetto si aggiungono i lavori previsti dai Dpcm dedicati alla sanità e all’Ares 118, tutti in fase di progettazione.

Dove si cerca di correre di più è naturalmente nella zona intorno al Vaticano, dove insiste l’opera più complessa affidata ad Anas: il sottovia di Piazza Pia (70 milioni), che consentirà la pedonalizzazione del percorso da Castel Sant’Angelo a San Pietro. Il cantiere è stato aperto a fine agosto, sono in corso i lavori per spostare due collettori fognari e sta per iniziare lo scavo del nuovo sottovia. L’obiettivo è concludere l’opera entro l’8 dicembre. Partiti anche i restyling del percorso Via Ottaviano-San Pietro (4 milioni) e di quello via Stazione San Pietro-Passeggiata del Gelsomino, mentre entro fine mese dovrebbero decollare i lavori per il sottopasso pedonale di via Gregorio VII. Ancora nel quartiere Prati, è cominciata la riqualificazione delle pavimentazioni storiche che dovrebbe concludersi entro l’estate. Sempre a inizio aprile è stato aperto il cantiere per riqualificare la piazza su cui affaccia la basilica di San Giovanni: il cronoprogramma è rispettato.



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Dedem, le cabine fototessera diventano punti antiviolenza


Le cabine fototessera diventano punti antiviolenza, in grado di collegare le donne con il 1522. Grazie a un progetto dell’Associazione Differenza Donna e di Dedem, e con l’expertise tecnico di DMP Electronics, da qui all’estate, 50 cabine Dedem situate su tutto il territorio italiano, da Nord a Sud, passando per il centro e privilegiando le aree più “difficili” delle città, verranno dotate di un device che consentirà alle donne minacciate da qualsiasi forma di violenza, fisica e psicologica, di utilizzare le cabine stesse come punti di primo contatto con il 1522, l’Help Line Violenza e Stalking, semplicemente premendo un pulsante, inserito in una piccola scatola realizzata tramite stampa additiva, attività nella quale Dedem è leader in Italia.

L’azienda

Dedem, azienda di Ariccia (provincia di Roma), è nota soprattutto per le sue cabine per fototessere che si trovano agli angoli delle strade (circa 4.000 in Italia e 2.200 in Spagna). Il fatturato 2023 è di 110 milioni, stimato quest’anno in crescita. A oggi lavorano per Dedem 513 persone e ci saranno a stretto giro assunzioni di almeno 20 risorse.

Il numero 1522

Il numero 1522, Servizio pubblico promosso dal Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è gratuito e attivo 24 ore su 24, attraverso operatrici specializzate accoglie, nelle lingue italiano, inglese, francese, spa- gnolo, arabo, farsi, albanese, russo, ucraino, portoghese, polacco, le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking. Solo nell’ultimo trimestre 2023 le chiamate sono state oltre 54mila.

Cabina Dedem per fototessere con pink box antiviolenza

Strumenti di protezione

«Diffusione, conoscenza e accesso al 1522 sono strumenti di protezione fondamentali per le donne che stanno vivendo una situazione di violenza – spiega la presidente di Differenza Donna Elisa Ercoli -. Contattare il 1522 vuol dire avere la disponibilità, in totale anonimato e riservatezza, di confrontarsi con esperte che ascoltano e restituiscono alla donna come uno specchio la realtà che sta vivendo, facendola uscire da una sottovalutazione che è spesso meccanismo tanto difensivo quanto pericoloso. Grazie a Dedem per diffondere in Italia questa eccezionale opportunità».

L’aiuto dell’azienda

«Con questo progetto Dedem vuole mettere a disposizione la propria infrastruttura per una battaglia che non può che essere dell’intera società – spiega la responsabile Risorse umane dell’azienda Simona Belli -. Se potremo aiutare anche solo una donna a riconquistare la propria libertà il nostro obiettivo sarà stato raggiunto. Dopo un primo test su 50 cabine vorremmo estendere sempre più la rete di cabine pink box».



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Poste, i vertici in roadshow a Londra in vista della privatizzazione



«Siamo in attesa di istruzioni, di indicazioni da parte dell’azionista. Gestiamo la società e abbiamo presentato il nostro piano industriale a 5 anni». Matteo Del Fante, ad di Poste Italiane, il 16 e il 17 aprile ha condotto, assieme al direttore finanziario del gruppo, Camillo Greco, un roadshow a Londra a valle della presentazione del piano industriale a 5 anni avvenuta lo scorso 20 marzo. Con l’occasione, ha rilasciato interviste ai media locali rispondendo così – appunto di essere in attesa di istruzioni da parte dell’azionista ministero dell’Economia – alle domande sulla possibile cessione di una nuova tranche. Agli occhi attenti degli operatori della piazza londinese non è sfuggito, però, il fatto che il numero uno di Poste non si vedeva in visita ufficiale da un bel po’. In genere ai roadshow per presentare i risultati di fine anno era più consueto vedere il direttore finanziario. E poi ci sono le interviste con la stampa locale. Insomma, la sensazione è che il management abbia condotto un test sugli investitori istituzionali, forse anche con brench londinesi di fondi americani, in vista della vendita di una ulteriore quota del capitale della società. Secondo rumors non confermati, il management sta avviando tutte le iniziative per essere pronto ad avviare un’operazione di vendita, se si creassero le condizioni, già entro l’estate. In occasione di un’intervista rilasciata a Bloomberg, Del Fante ha riferito le impressioni raccolte tra gli investitori. Alla domanda domande se avesse testato l’interesse degli investitori per la cessione, ha detto che il feedback raccolto è che «se e quando ci sarà un’operazione sicuramente saranno interessati».

Del Fante: gli investitori esteri oggi assai più informati e interessati alla nostra storia

A proposito di come gli investitori esteri hanno accolto il piano di trasformazione di Poste, Del Fante ha restituito un’impressione molto positiva. «A distanza di 7 anni da quando abbiamo lanciato il piano Deliver 2022, gli investitori hanno cominciato a capire l’idea di costruire una piattaforma multiprodotto. Abbiamo riscontrato che stiamo dimostrando loro che stiamo ottenendo, in ogni singola verticale di prodotto, i benefici della strategia di piattaforma. Ho trovato gli investitori assai più informati e più interessati alla nostra storia e penso che questo rappresenti un buono slancio per noi. Siamo molto differenti dagli operatori postali degli altri paesi, perché abbiamo diversificato sin dalla fine del secolo scorso. Una prima vera diversificazione del business è iniziata a fine anni ’90 verso i prodotti finanziari, a cominciare dal risparmio postale che è garantito dal governo, poi con i prodotti di assicurazione vita e poi verso i pagamenti. Siamo la più grande emittente di carte di pagamenti in Italia e poi servizi per le famiglie. L’ufficio postale è ovunque in Italia e sono posti dove tutti possono entrare, acquistare prodotti e servizi per la casa come la fibra, elettricità e gas al dettaglio».

Il calo della posta? «Iniziato 7 anni fa con la fine delle spedizione di fatture»

Il manager ha poi riassunto le principali azioni concotte in questi anni. «Siamo riusciti a stabilizzare il nostro portafoglio di investimenti: non abbiano rischio di credito, investiamo in obbligazioni governative principalmente a tasso fisso, siamo poco sensibili alle fluttuazioni dei tassi di interesse. Nel nostro piano industriale l’area dove cresceremo di più nei prossimi 5 anni è proprio quella che punta a soddisfare i bisogni delle famiglie, su pagamenti, elettricità e gas. Questo in termini di volumi. In termini di contributi all’utile netto la parte del leone la fanno ovviamente le assicurazioni e il risparmio postale, che rimane centrale. Ora dobbiamo concentrarci nell’esecuzione di due linee: dobbiamo essere più vicini ai clienti nel nostro modello di servizio nei prodotti finanziari. Dobbiamo diventare più dinamici, non orientati alla transazione, ma orientati alla relazione negli uffici postali. E poi c’è la grande trasformazione nel settore dei recapiti: l’Italia ha volumi molto bassi di corrispondenza e questo ci sta spingendo a essere più reattivi rispetto a Regno Unito, Germania e Francia e Stati Uniti».

«Sui recapiti dobbiamo essere più reattivi di Regno Unito, Germania, Francia e Usa»

Del Fante ha poi fornito una rappresentazione abbastanza inedita delle ragioni della debolezza di Poste Italiane nella corrispondenza. «Ci sono ragioni storiche: 7 anni fa abbiamo raggiunto il livello minimo negli invii di fatture per corrispondenza, in Italia non ci sono più ricevute cartacee da 7 anni. Gli italiani, poi, non usano la posta per ragioni private o personali a differenza di quanto accade in Europa. Il risultato è che vengono spedite una media di 35 lettere all’anno pro capite contro una media europea di 130. Questa è una cattiva notizia in termini di volumi e business e la dobbiamo trasformare in un’opportunità per cambiare il nostro network e fargli fare un’altra cosa. E cioè la consegna dei pacchi».



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Basilicata al voto, perché Salvini e Schlein sono i leader che rischiano di più



Le elezioni regionali in Basilicata del 21 e 22 aprile saranno un test non solo locale, ma con una ricaduta anche a livello nazionale. Nel centrodestra sarà un appuntamento per testare soprattutto il confronto tra Forza Italia e Lega. Nel centrosinistra, invece, alla prova è l’alleanza tra Pd e M5S, con il leader pentastellato che punta ad avvicinarsi il più possibile ai dem per contendere la leaderschip del centrosinistra.

Le tensioni Lega-Fi

Tra Lega e Forza Italia la tensione nelle ultime settimane è salita, con i primi che puntano ad accelerare sull’Autonomia e i secondi che chiedono garanzie per le regioni del Sud. Ci sono poi i recenti screzi in Veneto, con il coordinatore azzurro ed ex leghista Flavio Tosi che lamenta il fatto che Fi non abbia posti in giunta (Fi in Consiglio regionale ha però soltanto due rappresentanti).

I rischi di Salvini

A questo si aggiungono i non brillanti risultati della Lega alle regionali in Sardegna (3,7%) e Abruzzo (7,6%), superata sempre da Forza Italia. Un risultato che potrebbe replicarsi in Basilicata, dove tra l’altro gli azzurri godono del traino del loro candidato governatore (Vito Bardi è di Fi). Fi punta a superare la doppia cifra. Se il Carroccio dovesse scendere sotto la soglia psicologica del 5% (alle politiche dell’ottobre 2022 era vicino al 9%) nella Lega si acuirebbero i maldipancia verso la leadership di Salvini.

Conte insidia Schlein

Nel centrosinistra le tensioni sono se possibile acuite dalle modalità rocambolesche con cui si è giunti alla candidatura di Piero Marrese (Pd). La leader Pd Elly Schlein è riuscita a salvare l’alleanza con il M5S, ma ha dovuto rompere con i centristi di Azione e Italia Viva, proprio su richiesta del leader M5S Giuseppe Conte. Se alla fine i voti dei centristi dovessero risultare decisivi per la vittoria del centrodestra, Schlein tornerebbe sotto il fuoco della minoranza riformista del Pd. Tanto più se a questo dovesse aggiungersi una perdita di voti che portasse il M5S a tallonare il Pd (se non a superarlo).



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Cgil e Uil in piazza: il Governo dia risposte su sicurezza sul lavoro, sanità e salari



Cgil e Uil sono scese di nuovo in piazza: attaccano il governo e chiedono di cambiare registro e dare risposte su lavoro e sicurezza, sanità pubblica, fisco e i salari.

Landini: il governo ascolti il mondo del lavoro

A dieci giorni dall’ultimo sciopero insieme, i due sindacati tornano a manifestare, a Roma, per dire “Adesso basta”. Basta con le morti sul lavoro, con la precarietà e con i condoni. I segretari generali Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri lo fanno dal corteo che attraversa le vie della capitale e dal palco: almeno 50mila, secondo le loro stime, in piazza. E assicurano di essere pronti ad andare avanti, per ottenere risultati. «Dalla piazza arriva il messaggio del Paese reale, visto che stanno raccontando delle balle, irreggimentando e cercando di controllare tutto: si ascolti il mondo del lavoro, che tiene in piedi il Paese e non ce la fa più», dice Landini. Che poi accusa «il governo e la destra che vogliono costruire un regime», «vogliono comandare più che governare». E sullo stop al monologo dello scrittore Antonio Scurati sul 25 aprile: «Consentitemi un gioco di parole – afferma ancora -, è stato oscurato».

Obiettivo «zero morti» sul lavoro

Parla di «un Paese reale che soffre, che ha difficoltà ad arrivare a fine mese e a fruire dei servizi sanitari» anche Bombardieri. Difficoltà che i due leader sindacali rappresentano portando una serie di numeri: 6 milioni di poveri, 5 milioni di lavoratori con il contratto scaduto, 4 milioni e mezzo di persone che rinunciano alle cure. E poi su un altro numero puntano ancor di più: arrivare a “zero morti” sul lavoro. Fermando una strage quotidiana, che richiede misure più incisive, compresa l’introduzione del reato dell’omicidio sul lavoro. Sul fronte delle tasse, chiedono un fisco “giusto” perché, ripetono, a pagare sono sempre gli stessi: i lavoratori dipendenti e i pensionati. «Fate pagare chi non le ha mai pagate. Certo è complicato se continuate a fare condoni», ripete Bombardieri.

«Autonomia differenziata follia pura»

Non manca l’affondo contro l’autonomia differenziata «una follia pura», sostiene Landini, rimarcando la volontà di mettere in campo una battaglia «con ogni strumento» democratico a disposizione. Dopo aver già dato il via ai quattro referendum sul lavoro. «Non abbiamo alcuna intenzione di fermarci», assicura. Altro tema quello dell’aborto: Landini e Bombardieri parlano di “pericolosissima regressione”, di «attacco del governo alle donne» e preannunciano per martedì 23 aprile un presidio davanti al Senato, in occasione dell’esame del decreto Pnrr a Palazzo Madama, per contrastare anche la norma sulla presenza delle associazioni pro life nei consultori e difendere la legge 194.

Landini: “L’assenza di Cisl? L’importante è unire i lavoratori e fare proposte concrete”

Le distanze con la Cisl

In piazza anche questa volta non c’è la Cisl. «Ci sono diverse sensibilità» e ci sono stati «altri periodi nei quali il sindacato ha avuto visioni diverse, supereremo anche questo. Il pluralismo è una ricchezza”, smorza Bombardieri, ricordando che il Primo maggio Cgil Cisl e Uil saranno insieme per «una grande manifestazione» quest’anno a Monfalcone (Gorizia), sotto lo slogan “Costruiamo insieme un’Europa di pace, lavoro e giustizia sociale”.



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Pnrr, perché dall’attuazione dipende il 90% della crescita italiana 2024-25



Il voto di giovedì alla Camera di fatto conclude l’esame parlamentare del quarto decreto Pnrr, che attende ora solo la ratifica al Senato perché come al solito non ci sono i tempi per altre modifiche nel secondo passaggio. E con le sue novità (per gli approfondimenti si veda pagina 35) apre quindi ufficialmente la corsa all’attuazione del Piano rimodulato: corsa cruciale per le sorti della crescita italiana, e per i saldi di finanza pubblica che le sono appesi, almeno stando a quanto dicono i calcoli ufficiali nelle tabelle del Def.

Nelle stime governative il Pnrr è tornato a valere una crescita aggiuntiva al 2026 del 3,4%, risalendo di tre decimali rispetto al +3,1% indicato in autunno nello scorso programma di bilancio proprio grazie alla revisione concordata con la Ue. Nel confronto con la versione originaria, ribadisce infatti il Def nella sezione III sul Programma nazionale di riforma, il nuovo Piano squaderna «maggiori risorse nette stanziate» e soprattutto mostra un «aumento dei progetti aggiuntivi» per 12,3 miliardi di euro. Progetti che insieme all’aumento atteso nella spesa effettiva assorbono spazi fiscali alle altre misure, dando qualche argomento aggiuntivo a sostegno delle ipotesi di proroga; ma che dal lato dell’economia reale appaiono essenziali.

Le novità più importanti si incontrano infatti proprio su questo versante, e sono dall’incrocio fra l’impatto sul Pil attribuito all’attuazione del Pnrr e le prospettive complessive dell’economia italiana. Per quest’anno il Def prevede una crescita dell’1%, e assegna al Pnrr una spinta dell0 0,9%. In pratica quindi, accoppiando le due ipotesi, il 90% della crescita di quest’anno dipenderebbe dal Piano.

Un dato del genere segna una discontinuità netta rispetto al passato, e anche qui un peso importante è dato dal ripensamento del programma. Perché il nuovo Pnrr tiene inevitabilmente conto dei rallentamenti cumulati fin qui, nel cammino della spesa effettiva più che in quello legato al raggiungimento degli obiettivi. E proprio la realizzazione finanziaria è il motore più diretto per la crescita.

Su questo terreno finora i monitoraggi in corso d’opera hanno partorito numeri molto più modesti rispetto a quelli ipotizzati in partenza. L’ultima relazione del Governo indica in 42,9 miliardi le uscite totali Pnrr cumulate a fine 2023, valore decisamente più basso dei 61,4 miliardi ipotizzati per lo stesso periodo dalla NaDef 2022. A pesare sul dato è anche il fatto che molti soggetti attuatori non hanno popolato puntualmente il ReGis, la piattaforma telematica del Mef chiamata a censire ogni passo del piano, al punto che lo stesso decreto Pnrr-4 prova a stringere i bulloni del meccanismo. In ogni caso, anche se alcuni osservatori ipotizzano un livello di spesa reale già intorno ai 50 miliardi, il ritmo seguito fin qui è inferiore alle stime iniziali. E ora è il momento di accelerare.



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Migranti, dall’Italia 100 milioni alla Tunisia per frenare le partenze



Tre accordi dal valore di poco più di cento milioni di euro. È quanto ha portato in dote alla Tunisia Giorgia Meloni nella sua quarta visita in dieci mesi a Kais Saied, partner “prioritario” nel Piano Mattei, a cui promette sostegno per l’applicazione del memorandum con la Ue e a cui chiede di stringere le maglie delle partenze di migranti irregolari verso l’altra sponda del Mediterraneo. Time ha appena inserito la premier tra le 100 persone più influenti del mondo nel 2024 sottolineando che «il suo Governo ha perseguito politiche che, secondo i critici, erodono silenziosamente i diritti Lgbtq+», e a livello europeo «è stata accreditata come la forza trainante dell’approccio del blocco all’immigrazione, che prevede il pagamento di paesi come Egitto e Tunisia per impedire agli aspiranti migranti di partire».

Il lavoro «contro i trafficanti di esseri umani»

Un flusso che rischia di aumentare con l’avvicinarsi dell’estate, nel rush finale della campagna per le Europee. Meloni, accompagnata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e da quella dell’Università Anna Maria Bernini, ha ringraziato il presidente tunisino per il lavoro «contro i trafficanti di esseri umani». E ha prospettato che l’Italia «possa fare molto di più sul fronte della migrazione legale». Di fronte si è trovata un interlocutore deciso a ribadire che il suo Paese «rifiuta di essere un punto di insediamento o di transito per i migranti irregolari». È chiaro che Saied non accetterà mai l’ipotesi – emersa in queste settimane ma non confermata sul fronte italiano – di un hotspot nei pressi di Tataouine, nel sud della Tunisia, dove si incrociano le rotte di persone che fuggono dall’Africa subsahariana passando anche per Libia e Algeria, e puntano a Sfax.

Decreti flussi sempre più ampi

«Noi sappiamo che la Tunisia non può diventare il paese di arrivo dei migranti – ha aggiunto Meloni nelle dichiarazioni in un video diffuso da Palazzo Chigi -, su questo va rafforzata la cooperazione, vogliamo coinvolgere le organizzazioni internazionali, lavorare sui rimpatri ma soprattutto sui flussi regolari». La linea è quella dei decreti flussi sempre più ampi, come l’ultimo che, ha ricordato, «consente a circa 12mila tunisini formati di poter venire legalmente in Italia».

Ricerca, efficienza energetica e rinnovabili

In quest’ottica va l’accordo su alta formazione e ricerca che Bernini ha firmato con il suo omologo tunisino. Il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli ha siglato quello che garantisce 50 milioni di euro di sostegno al (precario) bilancio generale dello Stato tunisino, focalizzato sulla promozione dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili, in coerenza con il progetto Elmed di interconnessione elettrica via cavo tra i due Paesi. Saied per ora ha evitato il default: senza i 900 milioni del Memorandum con l’Ue, vincolati a un accordo con il Fmi in stallo da un anno, Saied ha fatto ricorso a un prestito diretto della Banca centrale della Tunisia e a quelli di Arabia Saudita e Algeria.

Linea di credito a favore delle Pmi tunisine

A 55 milioni di euro ammonta invece la linea di credito a favore delle piccole e medie imprese tunisine aperta da Roma con Cdp. A questo si aggiungono i 9 milioni stanziati a gennaio dal Viminale per il carburante delle motovedette tunisine impegnate nel contrasto alle migrazioni illegali e nell’attività di ricerca e soccorso. E i 4,8 milioni per la cessione alla Garde Nationale di sei motovedette già in uso alla Guardia di finanza. Contro quest’ultimo finanziamento AsgI, Arci, ActionAid, Mediterranea Saving Humans, Spazi Circolari e Le Carbet hanno fatto ricorso al Tar del Lazio, sostenendo che “violerebbe la normativa nazionale che vieta di finanziare e trasferire armamenti a Paesi terzi responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani».



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Chi è Luca Sammartino, il big della Lega e ras delle preferenze in Sicilia



Lo chiamano il campione delle preferenze. Qualcuno, con un pizzico di cattiveria, si spinge a dire “ras” del consenso. Una macchina elettorale potentissima in grado di condizionare il successo di un partito o di una coalizione.

L’odontoiatra innamorato della politica

Luca Sammartino, classe 1985, catanese, odontoiatra, ormai ex vicepresidente della Regione siciliana ed ex assessore regionale all’Agricoltura, alle ultime elezioni regionali ha portato a casa oltre 21mila voti nella lista “Prima l’Italia Salvini premier”: è stato eletto per la terza volta all’Assemblea regionale siciliana e non lo hanno per nulla scalfito le altre inchieste in cui è stato coinvolto e i due processi per corruzione elettorale. Anzi tutt’altro: sembrava lanciatissimo per essere uno dei prossimi candidati alla presidenza della Regione. «Non possiamo più rinviare l’assunzione di responsabilità: le scelte sul futuro della Sicilia dipendono dalla Lega e dalla sua giovane classe dirigente» è una delle sue frasi ricordate oggi che l’inchiesta Pandora ne ha, in qualche modo, fermato la corsa proprio nel momento in cui lui, nel frattempo diventato leader della Lega in Sicilia, stava organizzando la lista per le elezioni europee preparandosi probabilmente a un altro successo elettorale.

Dal 2012 a oggi: cinque partiti e il pieno di voti

Giovane e affabile, Sammartino si è sempre mosso con lo stile felpato del perfetto democristiano. Del resto è da lì, da quel mondo che viene: eletto per la prima volta all’Assemblea regionale nel 2012 nelle fila dell’Udc a 27 anni con 12.606 voti per poi passare ad Articolo 4, una formazione politica ibrida; nel 2015 è possi approdato nel Pd e con i Dem è stato eletto nuovamente al Parlamento siciliano con 33mila preferenze; nel 2019 il passaggio a Italia Viva di Matteo Renzi per arrivare nel 2021 nella Lega con Matteo Salvini. Un successo politico elettorale che Sammartino condivide con la moglie Valeria Sudano, avvocato civilista specializzato in diritto societario e bancario, oggi deputata della Lega e componente, tra le altre cose, della commissione Antimafia.

Quello scontro con Musumeci

Agli atti dell’Assemblea regionale c’è ancora l’invettiva dell’allora presidente della Regione Nello Musumeci all’indirizzo di Sammartino con riferimento chiaro ai palazzi di giustizia, in quel momento esponente di primo piano del Pd: «Lei si dovrebbe vergognare, deputato Sammartino. Io sto lasciando l’aula. Nel momento in cui ci si aspetta chiede chiarezza lei chiedi che si voti di nascosto. Si vergogni lei e ci asseconda la sua richiesta. Io per protesta abbandono l’aula. Mi auguro che di lei e di quelli come lei si possa occupare ben altro palazzo». Era il 2020, ed era sempre aprile. Una invettiva che Sammartino non ha mai perdonato a Musumeci, che oggi è ministro e che, si dice, ha avuto tra i maggiori oppositori alla sua ricandidatura alla presidenza della Regione proprio l’enfant prodige della politica catanese.

Sammartino: «Fiducia nella magistratura»

Oggi, in uno dei momenti più bui della sua carriera politica dice: «Ho scritto una nota al presidente della Regione, Renato Schifani, per rimettere l’incarico di assessore regionale e vice presidente della Regione dopo essere stato raggiunto da misura cautelare interdittiva in relazione a un’ipotesi di reato lontana nel tempo. Ringrazio il presidente per la fiducia dimostrata nei miei confronti e per il lavoro svolto fin qui. Tengo a sottolineare che non sono coinvolto in ipotesi di reato di mafia né di voto di scambio. Sono sereno e certo che emergerà la mia totale estraneità ai fatti, risalenti a cinque anni fa, che con stupore leggo mi vengono contestati. Resto fiducioso, come sempre ho dichiarato e non cambierò mai idea, nei confronti del lavoro della magistratura. Continuerò a servire la mia comunità e il mio territorio svolgendo la mia attività politica e di parlamentare regionale». Ma oggi il Gip che ha firmato l’ordinanza “Pandora” ribadisce: «Senz’altro allarmante e indicativo di una personalità incline a commettere azioni delittuose è il comportamento dell’indagato Luca Sammartino diretto alla ricerca di informazioni sulla esistenza di indagini a suo carico, anche istigando altri a commettere reati pur di fornirgliele».



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Papa Francesco alla Biennale “Con i miei occhi”: un incontro con l’arte, la fede e gli ultimi, spiegato dal cardinale Tolentino de Mendonca



Eminenza, partiamo dalla scelta del nome del padiglione della Santa Sede: Con i miei occhi. Il pronome possessivo, i miei, qui gioca un ruolo importante. Si tratta di un incontro, anche la proposta della Biennale (video) è un incontro con il mondo dell’arte, con le grandi domande che oggi l’arte contemporanea ci rivolge. Dobbiamo ascoltare e vedere con i nostri occhi queste domande e queste realtà, c’è il desiderio di impegnare il proprio soggetto in questa ricerca, perché oggi viviamo in un mondo sottomesso alle immagini, dappertutto abbiamo dispositivi, filtri, è come se gli occhi fossero rimandati ad un incontro che non accade più. E’ importante avere la nuda possibilità di guardare la realtà, anche nella sua complessità, difficoltà, con i propri occhi, facendo di questo un momento di consapevolezza, di ricerca sé, di incontro con il mondo, è molto importante.

Quando aveva mostrato al Papa questo progetto, lui ha risposto andrò a vedere con i miei occhi ?

Ha fatto questa battuta. Tutti conosciamo la bellissima spontaneità comunicativa di papa Francesco che ci sorprende con la sua vicinanza. Lui ha reagito sorridendo dicendo appunto andrò a vedere anche io con i miei occhi, una sorpresa bellissima. E’ il primo papa che andrà alla Biennale, è un evento che ha una grandissima portata storica, anche perché papa Francesco ha il desiderio molto grande, di portare avanti il dialogo con il mondo degli artisti. Ricordiamo che li ha incontrati nella cappella Sistina lo scorso giugno.

Il papa vuole valorizzare il contributo degli artisti nella costruzione del mondo contemporaneo e dei suoi valori.

Anche la scelta del luogo, il carcere femminile della Giudecca, è apparentemente insolito e alcune detenute, peraltro, partecipano attivamente nel padiglione?

All’inizio sembra una cosa strana, un carcere non è lo spazio abituale per mostre e per la scena del contemporaneo, invece, se pensiamo bene, è importate uscire dai circoli abituali, dove si crea un certo automatismo e trovare nuovi spazi di realtà che possano essere abitati, confrontati con quella che è l’esperienza artistica.

Tutti gli artisti che abbiamo invitato hanno reagito in modo entusiasta, positivo, rispetto alla scelta di quel luogo e della collaborazione con le signore detenute che avranno un ruolo importante per realizzare alcune opere e accompagnare i visitatori



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Istat: migliora il benessere dell’Italia, ma non ambiente e sicurezza. Non cala la povertà



Non si riduce il rischio povertà (20,1% della popolazione)

Nel 2021 il reddito medio delle famiglie (33.798 euro) è tornato a crescere sia in termini nominali (+3%) sia in termini reali (+1%). Migliora anche l’indice di disuguaglianza del reddito netto, che registra un valore di 5,6, in diminuzione rispetto all’anno precedente (era 5,9 nel 2020) e con valori lievemente inferiori a quelli pre-pandemici (era pari a 5,7 nel 2019): in assenza di misure di sostegno alle famiglie (trasferimenti emergenziali e reddito di cittadinanza), l’indice di disuguaglianza sarebbe risultato pari a 6,4, valore molto superiore a quello osservato.

Rimane sostanzialmente stabile rispetto ai tre anni precedenti la popolazione a rischio di povertà, pari al 20,1% nel 2022. La povertà assoluta dal 2019 al 2023 (serie storica ricostruita secondo la nuova metodologia di stima) presenta una crescita dell’incidenza individuale. Nel 2019 era scesa al 7,6% in concomitanza dell’introduzione del Reddito di cittadinanza, trasferimento monetario non indicizzato all’inflazione come le altre prestazioni socio-assistenziali, nel 2020, l’incidenza riprende a crescere, arrivando al 9,1% e rimanendo stabile nel 2021. Nel 2022, l’incidenza torna ad aumentare al 9,7%, in larga misura a causa della forte accelerazione dell’inflazione che ha colpito in particolar modo le famiglie meno abbienti e rimane sostanzialmente stabile con 9,8% nel 2023.

La rinuncia a cure per problemi economici o liste d’attesa

Nel 2023 sono circa 4,5 milioni cittadini che hanno dovuto rinunciare a visite mediche o accertamenti diagnostici per problemi economici, di lista di attesa o difficoltà di accesso, il 7,6% della popolazione (in aumento rispetto al 7,0% del 2022 e al 6,3% del 2019), probabilmente per recupero delle prestazioni sanitarie differite per il COVID-19 e difficoltà a riorganizzare efficacemente l’assistenza sanitaria). Si assiste ad un raddoppio della quota di chi ha rinunciato per problemi di lista di attesa (da 2,8% nel 2019 a 4,5% nel 2023), stabile la rinuncia per motivi economici (da 4,3% nel 2019 a 4,2% nel 2023), ma comunque in aumento rispetto al 2022: +1,3 punti percentuali in un solo anno. Nel 2023 la speranza di vita è pari a 83,1 anni e risulta in aumento rispetto al 2022 (82,3), recuperando quasi del tutto il livello del 2019 (83,2 anni). Gli uomini con 81,1 anni di vita media attesa tornano allo stesso livello del 2019, mentre per le donne (85,2 anni) mancano ancora 0,2 anni (85,4 nel 2019). La speranza di vita in buona salute nel 2023 è pari a 59,2 anni e si riduce rispetto ai 60,1 anni del 2022. Tale riduzione ha riportato l’indicatore quasi al livello del 2019 (58,6 anni), ridimensionando l’incremento anomalo verificatosi tra il 2020 e il 2022 dovuto alla componente soggettiva, per effetto della più diffusa percezione di condizioni di buona salute in tempi di pandemia.

Lavoro, la mancata partecipazione sfiora il 15%

Divari molto ampi riguardano le misure del dominio Lavoro e conciliazione dei tempi di vita: in Italia nel 2023 il tasso di mancata partecipazione al lavoro (14,8%) supera di quasi sei punti percentuali la media Ue27 (8,7%); il tasso di occupazione è di 9,1 punti percentuali più basso di quello medio europeo (75,4%) e la percentuale di persone in part time involontario (10,2% nel 2022), nonostante in calo da quattro anni, è quasi il triplo della media dei 27 paesi dell’Unione (3,6%).

Tutte le misure di Istruzione e formazione posizionano l’Italia più in basso della media Ue27. Le distanze maggiori riguardano la quota di persone di 25-34 anni che hanno acquisito un livello di istruzione terziario (43,1% nell’Ue27%; 30,6% in Italia) e la maggiore incidenza di giovani che non lavorano e non studiano: questo ultimi, definiti anche Neet, sono comunque molto calati nell’ultimo periodo al 16,1% rispetto al 19%, anche se restano al di sopra della media Ue dell’11,2%,



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