Gruppo 24 Ore e Financial Times rinnovano l’accordo triennale



Oltre 150.000 partecipanti nelle quattro edizioni del Made in Italy Summit, partito nel 2020, e 4.500 complessivi, tra presenti e collegati, per il progetto internazionale Women at the Top, alla sua prima edizione nel 2023: sono i risultati eccezionali di due appuntamenti frutto della collaborazione tra ll Gruppo 24 Ore e Financial Times, le due realtà leader nel settore dell’informazione economico, finanziaria, normativa e tributaria, a livello nazionale ed internazionale, che – forti del riconoscimento di pubblico per queste due manifestazioni – hanno deciso di rinnovare per un altro triennio l’accordo di partnership per la produzione di eventi digitali e fisici di rilievo internazionale dall’Italia.

Una collaborazione di importanza strategica, quella tra i due Gruppi, che si estende anche su altri ambiti, tra cui la presenza del Financial Times, in qualità di media partner, al Festival dell’Economia di Trento, confermata anche per quest’anno, la realizzazione dell’edizione italiana di Htsi-How To Spend It, il magazine leader mondiale nel settore dell’eccellenza, per il quale è stata rinnovata la partnership triennale nel 2023 e la rappresentanza per l’Italia dell’adv legale, oltre ad altri numerosi progetti.

Grazie all’accordo siglato sul fronte eventi, accanto alla prosecuzione dei due eventi di successo già calendarizzati (il 9 luglio il Pre-Summit Think Tank dell’evento dedicato al made in Italy, seguito dall’annuale Summit dall’1 al 3 ottobre; il 20 novembre Women at the Top con il premio Women Excellence Award che premia il talento femminile) verranno portate avanti nuove iniziative e progetti attraverso le controllate Ft Live e 24 Ore Eventi.

«Nel mondo degli eventi con Ft Live abbiamo costruito un nuovo modello di business, fortemente transnazionale, che ha dato vita ad iniziative uniche per qualità e rappresentatività, creando un evento che è diventato un punto di riferimento assoluto quando si parla di filiera del Made in Italy ed un progetto unico nel suo genere per valorizzare il ruolo e l’apporto delle donne nel sistema sociale e produttivo» ha commentato Federico Silvestri, Direttore Generale Media & Business del Gruppo 24 Ore e Amministratore delegato di 24 Ore Eventi. «Un’alleanza che prosegue tra due Editori leader assoluti dell’informazione economico-finanziaria, cementata dai valori che li accomunano. Innanzitutto, la credibilità e l’autorevolezza che fanno de Il Sole 24 Ore e del Financial Times presidi di democrazia e, quindi, di libertà in un’epoca segnata da infodemia e fake news. Quindi l’innovazione che entrambi perseguono stando al passo del cambiamento tecnologico, così da configurarsi come due eccellenze assolute nel campo della multimedialità, ma sempre nel pieno rispetto della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Proprio partendo da queste distintive basi comuni diventa, così, naturale la volontà di sviluppare insieme altri nuovi progetti innovativi che coinvolgano tutti i nostri stakeholder».

Commentando l’annuncio del rinnovo della partnership, Orson Francescone, amministratore delegato di Ft Live al Financial Times, ha dichiarato:



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Internazionali, effetto Sinner: verso il primato di incassi. Impatto economico di 600 milioni



Sarà un’edizione con nuovi primati quella degli Internazionali di tennis al Foro italico di Roma che si svolgerà dal 6 al 19 maggio con oltre 300 match. «Alla fine del torneo presenteremo studi e analisi ma possiamo dire comunque sin d’ora che puntiamo a superare quota 350mila spettatori e che l’impatto economico sarà uguale o superiore a 600 milioni di euro e l’entrata per Stato di 120 milioni, derivante dal gettito fiscale» ha detto il presidente della Fitp, Angelo Binaghi, durante la presentazione al Colosseo.

Prevendita già oltre quota 200mila biglietti

Binaghi ha affermato che la «prevendita è lo specchio più fedele del valore che si riesce a creare e domani supereremo il record storico di incasso di 22,5 milioni di euro con 25 giorni di anticipo sulla finale». Un impatto economico complessivo di 600 milioni farebbe segnare un incremento del 22,5% rispetto all’edizione del 2023 (490 milioni secondo i calcoli elaborati da EY a fine torneo). Con la prevendita ancora in corso i tagliandi ià venduti sono infatti 200.249 con un incasso di 21,96 (poco inferiore a quello totale registrato nel 2023 di 22,459 milioni).

Fondi da reinvestire per nuovi impianti

Binaghi ha poi speigato che «con gli incassi degli Internazionali creeremo un fondo di 30 milioni che farà da leva finanziaria per incentivare l’offerta delle nostre discipline, con l’obiettivo di creare qualche migliaio di nuovi campi di tennis padel e pickelball. Tramite questo torneo vogliamo essere protagonisti del nostro sviluppo non chiedendo nulla che non sia dovuto».

Effetto Sinner

A trainare la partecipazione del pubblico ci sono due novità che hanno segnato una stagione d’oro per il tennis italiano: la vittoria dell’Italia in Coppa Davis a novembre, a ben 47 anni dal primo storico successo del 1976 in Cile e l’affermazione di Jannick Sinner arrivato al secondo posto assoluto nella classifica Atp . E si sa che le attenzioni dell’azzurro sono tutte sulla preparazione atletica e tecnica in vista di Roma, il torneo di casa al quale tiene particolarmente.

Dodici incontri trasmessi dalla Rai

La Rai trasmetterà dodici match degli Internazionali: undici match del singolare maschile (uno al giorno), compresa la finale. Sarà trasmessa anche un’altra finale, ancora da decidere, fra quella del singolare femminile e di doppio maschile o femminile.



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In arrivo la nuova social card: 460 euro per la spesa, la benzina e il trasporto pubblico



La nuova social card “Dedicata a te” per il 2024 varrà 460 euro. Si prevede sarà operativa da metà maggio, potrà esere utilizzata per l’acquisto di beni alimentari di prima necessità: la lista di 23 voci comprende prodotti che vanno dalla carne al pesce e le uova, dal pane alla pasta, dal latte al caffè, dagli ortaggi alla frutta. Ma i beneficiari potranno spendere la somma anche per il rifornimento di benzina e l’abbonamento ai trasporti pubblici locali.

Si attende il decreto attuativo congiunto del ministero dell’Agricoltura con i ministeri dell’Economia, delle Imprese e made in Italy per avere maggiori dettagli. Le risorse messe a disposizione dalla legge di Bilancio per il 2024 sono pari a 600 milioni, in aumento rispetto alla cifra iniziale del 2023 (pari a 500 milioni), anche la platea dei beneficiari secondo le stime del governo si allargherà a a circa 1,4 milioni di persone, 50-100mila in più dell’anno precedente.

I beneficiari con Isee fino a 15mila euro

Il sostegno è rivolto ai nuclei familiari (composti da almeno tre persone), residenti nel territorio italiano cone un Isee non superiore a 15mila euro. Occorre avere almeno un figlio, ed essere iscritti all’Anagrafe della popolazione residente comunale.

Sono esclusi dalla social card “Dedicata a te” oltre ai single e alle coppie senza figli, chi riceve un altro tipo di sussidio statale, come l’indennità di disoccupazione (Naspi o DisColl), l’indennità di mobilità, la cassa integrazione o l’Assegno di inclusione.

Dove utilizzare la Card

La carta può essere utilizzata presso tutti gli esercizi commerciali che vendono generi alimentari. Con apposite convenzioni, il ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ha stipulato accordi con tutti gli esercizi aderenti appartenenti alla Grande Distribuzione Organizzata (e non solo) per l’applicazione di uno sconto del 15% ai possessori delle carte.



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Autovelox, ecco chi può presentare ricorso contro le multe per eccesso di velocità



Rischia di trasformarsi in uno tsunami il caso dell’annullamento della multa comminata a un automobilista di Treviso che ha contestato davanti ai giudici la multa per eccesso di velocità rilevata da un autovelox non omologato. La Corte di Cassazione ha annullato la sanzione perché certificata da un’apparecchiatura autorizzata dal ministero delle Infrastrutture ma non sottoposte a una verifica più puntuale necessaria per la loro omologazione. Con questo principio la Suprema corte pur pronunciandosi, come di consueto, sul caso singolo ha però fissato un precedente importante che adesso potrebbe innescare una valanga di ricorsi per tutti i casi analoghi.

La sentenza

La sentenza 10505 della Corte di Cassazione ha chiarito la distinzione tra approvazione ministeriale e omologazione sottolineando come entrambi siano indispensabili per l’utilizzo secondo legge dei rilevatori di velocità. Entrambe le certificazioni sono necessarie perchè quindi le multe siano valide. Ma c’è un aspetto che rischia di trasformarsi in un caso dagli effetti dirompenti: la maggioranza dei dispositivi non hanno ottenuto l’omologazione, come confermano fonti dello stesso ministero. Un aspetto che aprirebbe la strada ai ricorsi di automobilisti e autotrasportaoti, a condizione però che non abbiano già versato la sanzione, circostanza che renderebbe la controversia ormai perfezionata, e che non siano scaduti i termini per presentare opposizione. La sentenza è rivoluzionaria anche perché sovverte una storica interpretazione ripresa dalla circolare n. 8176/2020 che assimilia l’approvazione all’omologazione, ragione per cui la questione non si era posta. Fino a questo momento.

Il decreto autovelox

E’ intanto alle battute finali il decreto del Mit con il riordino della disciplina degli autovelox e che ridisegna le regole per la loro installazione su tutte le autostrade. Il provvedimento è stato firmato e ora è in fase di registrazione alla Corte dei conti. Per il sottosegretario Ferrante “abbiamo previsto che il loro utilizzo debba rispondere alle esigenze di sicurezza della circolazione, con l’obiettivo di prevenire gli incidenti e tutelare i cittadini: una battaglia, questa, che Forza Italia porta avanti da sempre. L’ordinanza della Cassazione chiarisce ulteriormente i requisiti di omologazione che gli autovelox devono soddisfare per essere legittimamente impiegati”. Ma il nodo non è stato sciolto.



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Fisco, bonus di Natale di 100 euro per le famiglie monoreddito



Un bonus di Natale fino a 100 euro per le famiglie monoreddito. A beneficiarne saranno i lavoratori dipendenti con redditi fino a 28mila euro che hanno moglie e almeno un figlio a carico. Il contributo arriverà direttamente in busta paga e sarà pagato dal datore di lavoro con la tredicesima mensilità.

L’intervento con il decreto delegato

Salta così il bonus da 80 euro comparso nelle prime bozze del decreto sulla riforma Irpef e Ires che sarà approvato dal Consiglio dei ministri di martedì 23 aprile. Come ha sottolineato a più riprese il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, l’intervento ipotizzato di sostegno alle famiglie con redditi più bassi è ancora in fase di istruttoria degli uffici «per mettere a punto un decreto che sia compatibile con le esigenze di dei contribuenti e al tempo stesso rispettoso degli equilibri di finanza pubblica».

Sostegno ai nuclei monoreddito

Un equilibrio che a questo punto potrebbe essere trovato proprio sul contributo fino a 100 per chi ha moglie e figlio a carico e con reddito fino a 28mila euro.

Risorse dal concordato preventivo

Il costo stimato è di 100 milioni di euro da finanziare con le maggiori entrate attese dal nuovo concordato preventivo biennale.



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Basilicata: Fi stacca la Lega, tracollo M5s. Decisivi per Bardi Azione e la lista vicina a Renzi: insieme oltre il 14%



A spoglio concluso (con il candidato di Forza Italia Vito Bardi confermato governatore della Basilicata con il 56,6% dei voti, contro Piero Marrese, candidato del campo largo Pd-M5s, che ha ottenuto il 42,2%) sono varie le novità che emergono nel panorama politico lucano. Il M5s, primo partito in regione da sei anni, esce a pezzi, raccogliendo solo il 7,7%, la percentuale più bassa della sua storia elettorale in Basilicata. In testa tra i partiti c’è Fratelli d’Italia con il 17,4%, ma considerando che i meloniani alle scorse politiche avevano superato il 18%, non si può parlare di exploit. Forza Italia, che già nel 2022 aveva superato di un soffio la Lega, ora la stacca di oltre 5 punti. E si impenna a quota 13% diventando terzo partito in regione, a un’incollatura dal Pd (13,9%) che perde più di un punto rispetto alle politiche (15,2%).

Carroccio ancora in calo

Il Carroccio frena la caduta ma esce ulteriormente ridimensionato. Il 19,15% delle regionali 2019 è lontanissimo, ma anche rispetto al 2022 (9%) il partito di Salvini perde più di un punto in questa tornata nella quale si ferma al 7,8%.

Calenda e Renzi decisivi per la vittoria di Bardi

Decisivo inoltre per la vittoria di Bardi è stato l’apporto di Azione (guidata in regione dall’ex presidente della Regione Marcello Pittella), con il 7,5% e della lista Orgoglio lucano, vicina a Matteo Renzi, con il 7%. Al centrosinistra non è bastato l’exploit (11,2%) della civica Basilicata Casa Comune dell’imprenditore cattolico Angelo Chiorazzo per compensare il crollo dei 5 stelle

M5s al minimo storico

Il voto alle Regionali per i Cinque Stelle suona come un brusco risveglio dopo un «dominio elettorale» che durava dalle Politiche del 2018. All’epoca presero il 44,36%. L’anno seguente alle Regionali incassarono il 20,27% e alle Europee sfiorarono il 30%. Solo due anni fa alle Politiche si confermarono al 25%. Ora, il Movimento esce a pezzi. Il 7,7% totalizzato in questa tornata rappresenta la percentuale più bassa della sua storia elettorale in Basilicata, finora rappresentato dall’8,97%, delle regionali 2013.

Exploit di Forza Italia

Nel centrodestra, anche se Fdi si conferma primo partito della coalizione e diventa primo partito in regione a causa del tracollo M5s, è in casa Forza Italia che possono dirsi più soddisfatti. Nelle ultime tornate elettorali (politiche 2022, europee e regionali 2019) ci si era attestati sempre poco sopra il 9%. Il 13% di queste elezioni regionali rappresenta un vero exploit: il miglior risultato nella storia elettorale del partito in Basilicata (dopo la fine del Popolo delle libertà), oltre il 12,4% delle politiche 2018.



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Chi sono Antonio Scurati e Serena Bortone e cosa sta succedendo in Rai



Travolto dal clamore suscitato dallo stop al suo monologo sul 25 aprile, bloccato dalla Rai a 24 ore dalla messa in onda, diventato virale e condiviso perfino da Giorgia Meloni sul suo profilo Facebook, Antonio Scurati, l’autore di “M. Il figlio secolo”, la serie bestseller dedicata al fascismo e a Benito Mussolini, che vedremo prossimamente in tv su Sky, non ha voluto rilasciare interviste sul caso, non ha annullato gli incontri che da tempo aveva in agenda, ma non ha nascosto di avere ora un po’ di paura. «Ti disegnano un bersaglio intorno alla faccia. Poi magari qualcuno che mira a quel bersaglio c’è . Succede, è già successo», ha detto ieri alla “Repubblica delle Idee” a Napoli. Oggi sarà ospite, alle 18,30, alla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli a Milano per inaugurare il mese tematico “Democrazia a rischio” in un incontro che lo vedrà in dialogo con Paolo Berizzi, Enrico Deaglio e Angela Mauro, moderati da Lorenza Ghidini.

Attesa per lo scrittore al Salone del Libro

Ma l’appuntamento più atteso con lo scrittore è quello al Salone del Libro di Torino dove, domenica 12 maggio alle 13.30, sarà protagonista di un dialogo con Annalisa Cuzzocrea che guarda al suo ultimo libro “Fascismo e populismo. Mussolini oggi”, uscito nell’autunno 2023 per Bompiani in cui offre una risposta a interrogativi come: Che cosa accomuna il fascismo ai sovranismi di oggi? Qual è la cattiva lezione che Mussolini lascia in eredità?. Per il quarto capitolo di M. – che arriva dopo “M. Il figlio del secolo”, in vetta alle classifiche per due anni consecutivi e vincitore del Premio Strega 2019, in corso di traduzione in quaranta Paesi, cui è seguito nel 2020 “M. L’uomo della provvidenza” e nel 2022 “M. Gli ultimi giorni dell’Europa”, tutti pubblicati da Bompiani – bisognerà aspettare l’autunno 2024 e non c’è ancora un titolo definitivo.

In arrivo il graphic novel a fumetti

Arriva invece in libreria il 7 maggio il graphic novel a fumetti “La seconda mezzanotte’. Il maestro” (Feltrinelli Comics), primo titolo di una serie in tre volumi, da cui è in lavorazione una serie televisiva, ispirata al suo visionario romanzo, ambientato nel futuro, La seconda mezzanotte, uscito nel 2011. Scurati firma la sceneggiatura con Tito Faraci, creatore di storie per Topolino, Dylan Dog. Il character design è Tanino Liberatore, definito da Frank Zappa “il Michelangelo del fumetto”. Siamo nel 2092 e davanti ai tragici esiti dell’emergenza climatica. Venezia è stata devastata da uno tsunami, per poi essere in parte ricostruita da una multinazionale cinese che ha trasformato piazza San Marco in una sorta di Las Vegas post-apocalittica. Qui si svolgono incontri all’ultimo sangue di nuovi gladiatori, guidati dal carismatico Maestro. Un uomo dall’oscuro passato, che nasconde e protegge un segreto nel presente e, forse, nel futuro: violando la legge, ha generato una figlia. Al Maestro e ai suoi allievi, tra i quali emerge il ribelle Spartaco, sono dedicati i tre graphic novel.

Serena Bortone, da “Agorà” al pubblico pop

Giornalista, autrice (è da poco uscito anche il suo primo romanzo, ispirato da fatti e persone della sua adolescenza, “A te vicino così dolce” edito da Rizzoli) e conduttrice, Serena Bortone, romana, classe 1970, professionista che unisce al lavoro tante passioni (fra le altre per letteratura, opera, cinema, viaggi), è cresciuta professionalmente nel servizio pubblico, facendo la classica gavetta. Inizia il suo percorso in Rai nel 1989, all’interno della redazione di “Alla ricerca dell’Arca” condotto da Mino Damato. Negli anni della direzione di Angelo Guglielmi a Rai 3 lavora tra redazione e studio in programmi che variano nei temi dalla comicità, all’approfondimento sociale alla politica: fra gli altri “Avanzi”, “Ultimo minuto”, “Mi manda Raitre”, Telecamere e Tatami. «La Raitre nella quale sono entrata io nel 1989 (avevo 18 anni e facevo l’assistente ai programmi a contratto) non era una rete tv, era una comunità – ha scritto sui social nel 2022, commentando la notizia della morte di Guglielmi – unita dalla condivisione del valore del servizio pubblico e della necessità del racconto della realtà». Nel 2007 guida come responsabile comunicazione e ufficio stampa la campagna per le Primarie del Partito Democratico. Nel 2010 entra nella squadra del programma di approfondimento politico della mattina di Rai 3 “Agorà”, dove, dopo le prime edizioni guidate prima da Andrea Vianello e poi da Gerardo Greco, diventa conduttrice nel 2017. Nel 2020 scommette su un suo appeal più pop l’allora direttore di Rai 1 Stefano Coletta, che la vuole come conduttrice del nuovo contenitore del pomeriggio dell’ammiraglia Rai, “Oggi è un altro giorno”.

La giornalista dallo stile diretto e ironico

«Entrerò in studio come sempre senza un’idea preconcetta, pronta al confronto acceso, perché il bello del pluralismo è anche accalorarsi per un’idea», aveva detto all’Ansa la conduttrice all’esordio del programma, in onda fino a giugno 2023. Per il suo stile diretto e ironico (già emerso ad Agorà), la risata, l’amore per le citazioni di autori famosi e la parlata veloce ricca di intercalari, si guadagna anche l’imitazione quasi simbiotica di Barbara Foria. Gli ascolti la premiano, quindi fa discutere la scelta dell’azienda, nel 2023, con la nuova dirigenza, di cambiare programma e conduttrice per quella fascia sul primo canale, dove arriva a settembre Caterina Balivo con La volta buona. «Il pubblico di Rai1, che mi ha seguito generosamente in questi ultimi 3 anni, sa che ho sempre valorizzato autenticità, libertà e diversità – dice Bortone nell’ultima puntata di Oggi è un altro giorno -. Volevo ribadirlo ancora una volta nel momento in cui li salutavo definitivamente. Nella vita si paga sempre un prezzo« per tutto, ma ci sono valori che per me sono irrinunciabili. In questo senso, non hanno prezzo». Bortone riapproda su Rai 3 con una nuova trasmissione, Chesarà, in onda ogni sabato e domenica alle 20 circa, dove stasera avrebbe dovuto ospitare il monologo di Antonio Scurati sul 25 aprile: «Si propone di essere un programma accogliente – spiega parlando della nuova avventura – mai dogmatico, aperto e curioso – parte sempre dall’attualità e mette al centro le emozioni, le sicurezze e le incertezze che caratterizzano il nostro tempo. Uno spazio di riflessione e ragionamento sulla contemporaneità».



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Intelligenza artificiale, ecco cosa c’è nel Ddl del governo oggi in Cdm



Il disegno di legge del governo sull’Intelligenza artificiale è atteso sul tavolo del Consiglio dei ministri, che si riunirà nel pomeriggio di martedì 23 aprile. Il provvedimento, a quanto si è appreso, è all’ordine del giorno della riunione tecnica preparatoria che si terrà questa mattina. Secondo l’ultima versione del testo del provvedimento sull’intelligenza artificiale, entro dodici mesi con uno o più decreti legislativi il governo dovrà adeguare la normativa nazionale al regolamento europeo recentemente approvato, l’Ai Act.

Tra le misure attese sul tavolo dell’esecutivo, una riguarda l’ambito fiscale: il governo si appresta a varare una revisione del regime delle imposte sui redditi Irpef e Ires. Lo strumento è un decreto legislativo. Con il provvedimento, secondo quanto si apprende, prende il via una prima attuazione della delega fiscale per i redditi da lavoro autonomo, dipendente, redditi agrari e redditi diversi.

Intelligenza artificiale: il compromesso sulla tutela del copyright

Tornando al tema dell’intelligenza artificiale, come spiegato sul Sole 24 Ore del 12 aprile, sulle regole per il copyright si delinea un compromesso. La versione che sarebbe emersa da un confronto tra il Dipartimento per l’informazione e l’editoria e il Dipartimento per la trasformazione digitale della presidenza del Consiglio stabilisce che «l’inserimento» di opere protette ai sensi della legge sul diritto d’autore del 1941 «in dataset o altre forme di organizzazione di dati da utilizzarsi per l’addestramento di modelli di intelligenza artificiale e l’utilizzo tramite sistemi di intelligenza artificiale anche generativa, sono consentite in conformità con gli articoli 70 ter e 70 quater». Il primo di questi due articoli della legge sul diritto d’autore, il 70 ter, consente agli organismi di ricerca di estrarre e riprodurre testi e dati per scopi scientifici. Il secondo, il 70 quater, prevede il meccanismo dell’opt out vale a dire l’estrazione di testo e di dati è consentita quando l’utilizzo delle opere e degli altri materiali non è stato espressamente riservato dai titolari dei diritti. Secondo i tecnici che vi hanno lavorato, questa formulazione riduce i rischi di entrare in conflitto con quelle che sono competenze dirette della Commissione europea sulla base della direttiva copyright e sarebbe conforme al Regolamento Ue sull’intelligenza artificiale (Ai Act), anticipando anzi l’entrata in vigore delle tutele da questo previste.

Il Fondo pubblico

Come anticipato sul Sole 24 Ore del 10 aprile, il disegno di legge prevede un fondo di 148 milioni in due anni consentirà allo Stato, attraverso il Dipartimento per la trasformazione digitale e l’Agenzia per la cybersicurezza, di sottoscrivere azioni dei fondi di Cdp Venture capital per il sostegno a start up attive nell’Ia oppure in altri settori di frontiera come il quantum computing, la cybersecurity e il 5G.

Il miliardo di Cdp Venture

Nel frattempo, come già noto, nel suo piano industriale Cdp Venture ha pianificato per l’Ia un intervento da 1 miliardo, diviso in varie linee di azione compreso il possibile sostegno a un modello italiano di Ia generativa.



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Bardi, il generale di Forza Italia chiamato da Berlusconi in politica



Per Vito Bardi, 72 anni, già vicecomandante della Guardia di finanza e presidente di centrodestra della Basilicata confermato per il secondo mandato, si apre una sfida politica interessante ma difficile: tenere insieme le richieste di un’alleanza vincente che ha unito il centrodestra “classico” con Carlo Calenda e Matteo Renzi.

Coalizione «extra large» alla prova del Governo

Un “campo larghissimo” ed eterogeneo di sette liste che va da Forza Italia FdI, Lega, Udc-Dc con Rotondi-Popolari uniti, Azione (con la formazione di Calenda milita dall’agosto 2022 anche l’ex governatore democratico e campione di preferenze Marcello Pittella), Orgoglio Lucano e arriva fino ad accogliere esponenti di Italia Viva («negli ultimi cinque anni siamo stati all’opposizione in modo molto costruttivo e Bardi ci ha convinto» ha detto Elena Maria Boschi) che dovrà ora passare l’esame del governo della Regione. «Nella coalizione c’è un buon clima, sono fiducioso» ha detto il confermato governatore in campagna elettorale.

In politica dal 2019 con Fi

Dopo una carriera militare cominciata alla scuola “Nunziatella” di Napoli e conclusa da vice Comandante generale della Guardia di Finanza e costellata da decine di benemerenze, Bardi (nato a Potenza nel 1951 ma cresciuto a Fliano, quattro lauree, sposato, due figli) ha fatto il suo ingresso in politica “dalla porta principale”: nel 2019 fu designato a guidare lo schieramento di centrodestra per conquistare la Regione Basilicata dal leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, d’accordo con Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Berlusconi presentò così la sua candidatura: «I nostri candidati non sono politici di professione ma persone che hanno saputo dimostrare di saper raggiungere i loro obbiettivi concreti. Abbiamo scelto un Generale, Bardi. Lui ha difeso la legalità tutta la vita, è un baluardo di legalità di cui la Lucania ha enorme bisogno».

Anche grazie ad un exploit della Lega che prese il 19,15% (che cinque anni prima nemmeno si era presentata) Bardi riuscì a imporsi sul centrosinistra che incassò solo il 33,11% dei voti rispetto al 62,7% del novembre 2013. Divenne così il primo presidente di centro-destra nella storia del consiglio regionale lucano (dopo le giunte democristiane degli inizi e i 24 anni consecutivi di giunte di centro-sinistra).

La ri-candidatura decisa a febbraio

All’avvicinarsi della scadenza del mandato Forza Italia ha dato per scontata la sua ri-candidatura. E la coalizione del centrodestra, lo scorso 28 febbraio, ha ufficializzato la corsa del governatore uscente. «Il centrodestra unito – disse l’ex generale della Guardia di Finanza in quell’occasione – vince. Il buongoverno vince. Adesso tocca alla nostra Basilicata: qui la sfida è tra un centrodestra allargato alle migliori esperienze del territorio e una sinistra divisa, litigiosa, rissosa».



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No al nome nel simbolo Pd: la retromarcia di Schlein e la soglia di sopravvivenza al 20%



«O mi candido ovunque o mettiamo il mio nome nel simbolo del Pd». Questo, più o meno, l’aut aut della segretaria Elly Schlein lanciato ai dem riuniti domenica in direzione per l’approvazione delle liste per le europee. Poi, a urne chiuse in Basilicata, la retromarcia via Instagram: non ci sarà il nome della leader nel simbolo e non ci sarà la sua candidatura ovunque ma solo, come capolista, nel Centro e nelle Isole.

La retromarcia dopo la sollevazione delle correnti

Una retromarcia a tutti gli effetti, dunque, vista la sollevazione di tutte le correnti che la hanno appoggiata al congresso dello scorso anno: da Dario Franceschini alla sinistra di Andrea Orlando e Giuseppe Provenzano fino a Nicola Zingaretti. Ma come mai la segretaria dem è stata a un passo dal compiere una scelta così di rottura rispetto alla tradizione del Pd? Sicuramente ha pesato la tempesta giudiziaria che si è abbattutta sul partito barese e pugliese, con le inchieste su voto di scambio e corruzione che hanno toccato la giunta comunale e soprattutto quella regionale guidata da Michele Emiliano. Ossia uno dei “cacicchi” a cui la segretaria venuta dai movimenti e fino al momento delle primarie non iscritta al Pd aveva giurato guerra durante la campagna congressuale.

La tentazione del nome nel simbolo

Ad irritare Schlein nelle scorse settimane, infatti, non era stata tanto la decisione del leader del M5s Giuseppe Conte di far saltare le primarie giallorosse e Bari, nonché di uscire dalla Giunta di Emiliano al grido «la legalità per noi non è un valore negozionabile», quanto proprio il sistema di potere radicadosi negli anni nella Puglia del “ras” e portato alla luce dalle inchieste. Sempre Conte le aveva rivolto le parole più scottanti: «Cambi il Pd prima che il Pd cambi lei». E la risposta di Schlein è stata istintivamente duplice: prima la decisione di stampare sulle tessere del Pd gli occhi di Enrico Berlinguer, l’inventore e il paladino della “questione morale”; poi la tentazione – rientrata in corner – di mettere il suo nome dentro il simbolo del Pd imitando un’usanza della destra ripresa anche dalla premier Giorgia Meloni per il suo partito, Fratelli d’Italia. L’intenzione era appunto quella di gettare tutto il peso della sua freschezza e per così dire della sua estraneità alla storia del Pd per mandare il messaggio di quel radicale rinnovamento più volte annunciato e che nella compilazione delle liste per le europee si è potuto esprimere di fatto solo con pochi volti (Lucia Annunciata, Cecilia Strada e il pacifista Marco Tarquinio) . Quasi che il Pd fosse appunto la bad company descritta da Conte.

Le critiche di Prodi e il paradosso della personalizzazione

In questo modo però Schlein si è esposta non solo alle critiche del fondatore dell’Ulivo e prima tessera del Pd Romano Prodi («così si chiede agli elettori di dare il voto a una persona che di sicuro non ci va a Bruxelles se vince: queste sono ferite alla democrazia che scavano un fosso»), ma – paradosalmente – anche al ribaltamento delle sue stesse critiche contro l’eccessiva personalizzazione della politica. Schlein ha sempre contrapposto il Pd come “comunità” ai partiti personali della destra e ha sempre usato il “noi” al posto dell’”io” per distingersi dalla stagione renziana (ma perfino Matteo Renzi non ha mai ha imposto il suo nome nel simbolo del Pd quando ne era il segratario).

L’avvertimento di Annunziata

A questa contraddizione se ne aggiunge un’altra, più sottile ma non meno indisiosa: evidentemente Schlein, che spera di superare indenne le europee anche grazie al suo personale apporto, punta già da ora a personalizzare lo scontro con Meloni per le future elezioni politiche del 2027. Un corpo a corpo tra due candidate premier che mal si sposa con la feroce opposizione che il Pd, proprio su input di Schlein, sta facendo in Senato contro il premierato targato centrodestra. Mettere il nome nel simbolo avrebbe implicato l’accettazione del modello, come correttamente ha avvertito in corner Annunziata, mettendo «a disposizione» il suo nome in lista. «Il nome nel simbolo è la trasformazione del Pd in un partito personale proprio nel momento in cui la maggioranza ha presentato una riforma, il premierato, che distrugge l’attuale assetto costituzionale. La scelta del nome nel simbolo mette il Pd sulla strada dell’accettazione dello stesso modello. Su molte cose in un partito si può mediare ma non su questioni di questo rilievo».



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