Civita e l’impegno per la sostenibilità degli investimenti: buone pratiche in aumento ma bisogna fare di più



Buone pratiche nell’ambito della sostenibilità, misurazione degli impatti sociali e culturali di un investimento, nuove normative e ruolo delle aziende nelle politiche ESG sono stati alcuni degli argomenti centrali del nuovo appuntamento del ciclo “Quando la sostenibilità incontra…la misurazione dell’impatto sociale” promosso dall’Associazione Civita. Impegnata da 35 anni nel settore della promozione e valorizzazione del patrimonio storico e culturale, Civita ha organizzato l’incontro partendo dalla convinzione che cultura e sviluppo sostenibile siano strettamente legati nonostante gli esempi validi e le buone pratiche di analisi, monitoraggio e reporting degli impatti generati dagli investimenti in ambito culturale siano ancora troppo pochi.

Esperti e rappresentanti del mondo imprenditoriale a confronto

Come misurare i fattori fondamentali della sostenibilità di un investimento? In che modo misurare gli impatti sociali sulla comunità e quale valore attribuire agli investimenti in cultura? In che modo è possibile promuovere dal punto di vista normativo pratiche sostenibili? In occasione dell’incontro, esperti e rappresentanti del mondo imprenditoriale hanno cercato di rispondere a queste domande. Dopo l’introduzione di Simonetta Giordani, segretario generale di Associazione Civita sono intervenuti Roberto Basso, direttore relazioni esterne e sostenibilità di WindTre, Valeria Brambilla, ad di Deloitte Touche SpA, Stefano Firpo, direttore generale di Assonime, Antonio Matonti, direttore Affari legislativi e regionali, diritto di impresa di Confindustria, Stefania Pedroni, responsabile Wealth Planning di Intesa Sanpaolo Private Banking, Olivia Tassara, responsabile Eventi, sponsorizzazioni e protocollo del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane.

Il doppio sondaggio

Al fine di conoscere più a fondo le prevalenti direttrici delle strategie di sostenibilità implementate da realtà imprenditoriali di diversi settori produttivi che già applicano un approccio “purpose oriented”, Civita in occasione del suo XIII rapporto intitolato “Quando la cultura incontra la sostenibilità” ha realizzato un’indagine strutturata su un doppio sondaggio: il primo è stato condotto sulle imprese appartenenti alla propria compagine associativa; il secondo è stato realizzata in collaborazione con Nativa, su un campione di B-Corp e Società Benefit. A queste imprese è stato sottoposto un questionario online appositamente elaborato per rilevare le aree di azione cui fanno capo le pratiche di sostenibilità “extra-ambientale” delle aziende; gli SDGs di riferimento; i criteri impiegati per valutare l’efficacia degli interventi rispetto agli obiettivi strategici dell’impresa; gli strumenti di rendicontazione non finanziaria utilizzati e le tipologie di interventi attuati specificamente in ambito culturale.

I risultati

Le iniziative realizzate negli ultimi anni si concentrano prevalentemente in area sociale (93%), seguita dalla formazione (84%) e dalla cultura (79%). Per quanto concerne l’adesione ai 17 SDGs dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, sei sono gli Obiettivi che ottengono complessivamente oltre il 50% delle attribuzioni: Goal 8 – Lavoro dignitoso e crescita economica: 71%; Goal 13 – Lotta contro il cambiamento climatico: 70%; Goal 12 – Consumo e produzione responsabili: 65%; Goal 9 – Imprese, innovazione e infrastrutture: 59%; Goal 4 – Istruzione di qualità: 55%; oal 11 – Città e comunità sostenibili: 54%.

La tendenza emergente

Rispetto ai criteri utilizzati dalle imprese per valutare l’efficacia delle iniziative facenti capo alla sostenibilità, la tendenza emergente è piuttosto netta: spicca il miglioramento d’immagine in termini di reputazione (67%), seguito dalla creazione o rafforzamento di contatti e relazioni anche sui territori (52%), dalla visibilità del brand o del prodotto (28%) e in misura residuale la variazione delle vendite (9%). Da non sottovalutare un 40% che dichiara di applicare criteri diversi, quali, ad esempio, indicatori GRI o altri KPI di performance, rating ESG o metriche di misurazione degli impatti su determinati stakeholder. Rispetto alle indagini realizzate in passato da Civita, si evince un’evoluzione nell’impegno delle aziende verso approcci più autenticamente responsabili e strategici. Interessante notare come, per la realizzazione della progettualità in ambito sociale, culturale e formativo, le aziende analizzate mediamente prediligano il mix fra contributo economico e tecnico (66%), seguito da quello in competenze (56%), a dimostrazione anche qui di un approccio nuovo rispetto al passato, orientato non solo al sostegno materiale ma soprattutto alla co-progettazione con enti e operatori di questi settori.



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Le pensioni calano del 16,1%: in tre mesi liquidati 187.223 assegni



Anche per lo scemare dell’effetto Quota 100 e per l’arrivo di Quota 103, ora in versione “penalizzata”, rallenta in maniera significativa la corsa al pensionamento, soprattutto nel pubblico impiego. Nei primi tre mesi del 2024 l’Inps ha liquidato 187.223 nuove pensioni, con un calo del 16,16% rispetto allo stesso periodo del 2023. E i trattamenti anticipati sono stati 56.660, pari a circa il 30% del totale. E’ quanto emerge dall’Osservatorio dell’ente sul monitoraggio dei flussi di pensionamento. L’importo medio delle nuove pensioni è di 1.225 euro, con grandi oscillazioni tra le varie categorie: 888 euro medi per gli assegni di vecchiaia e 2.017 euro per quelli anticipati, legati a un numero più alto di contributi. Resta marcato il «gender gap previdenziale». Complessivamente i nuovi trattamenti erogati alle donne valgono in media 999 euro contro i 1.473 euro per gli uomini: il 32% in meno. I dati Inps evidenziano anche che, dopo le ulteriori restrizioni introdotte dall’ultima legge di bilancio, crolla l’accesso a Opzione donna: i pensionamenti sono stati appena 1.276 mentre nell’intero 2023 avevano raggiunto quota 11.514.

Quasi 73mila pensioni di vecchiaia e 56.660 «anticipate»

L’Inps fa sapere che il totale delle pensioni con decorrenza nel 2023 è di 819.236, per un importo medio mensile alla decorrenza di 1.206 euro. Gli assegni liquidati con decorrenza primo trimestre 2024 sono stati 187.223. In particolare, nei primi tre mesi di quest’anno sono stati erogate 72.829 pensioni di vecchiaia, 56.660 anticipate, 8.756 di invalidità e 48.978 ai superstiti.

Nel pubblico impiego oltre la metà dei trattamenti sono anticipati

Il monitoraggio mette in evidenza che le nuove pensioni liquidate con decorrenza tra gennaio e marzo 2024 sono 86.031 per i lavoratori dipendenti del settore privato (importo medio mensile di 1.446 euro) e 57.332 per l’insieme dei lavoratori autonomi, ovvero coltivatori diretti, artigiani e commercianti (867 euro in media al mese). I trattamenti erogati ai dipendenti pubblici sono stati 18.905 per un importo medio di 2.268 euro, grazie soprattutto al peso delle pensioni anticipate che assorbono oltre la metà degli assegni liquidati (10.287 con un importo medio di 2.483 euro). Nello stesso periodo ai lavoratori parasubordinati sono stati destinati 9.752 trattamenti (221euro in media al mese).

Il calo dei pensionamenti con il picco nella Pa

La sola categoria di pensioni in crescita nel primo trimestre è quella degli assegni sociali (24.955 assegni per un importo in media di 497 al mese). La gestione dove si è registrato il calo più consistente negli accessi al pensionamento è quella dei dipendenti pubblici: i trattamenti liquidati sono scesi da 29.059 a 18.905 (-34,94%) con un rallentamento riscontrato per gli assegni di vecchiaia, per quelli anticipati e soprattutto per le invalidità (da 1.192 a 225 pensioni) e i superstiti (da 11.076 a 4.602). Per i 10.287 trattamenti anticipati erogati nel pubblico impiego (in calo del 16,3% sullo stesso periodo del 2023) l’età media di accesso alla pensione sale a 61,8 anni.



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Dalla Basilicata al Piemonte, ora i centristi Renzi e Calenda danno le carte. Ecco perché



Il mai nato terzo polo si è fatto forte del risultato in Basilicata e ha alzato il tiro sui due schieramenti, nella speranza di rimescolare le carte in vista delle Europee, dove la soglia del 4% sarà un test della verità. L’ 8 e 9 giugno Azione e Iv andranno separate, ma intanto nel mirino hanno messo il Pd, che in Basilicata si è alleato col M5s, e pure le forze di centrodestra, a cui Matteo Renzi e Carlo Calenda sperano di portar via voti, pescando magari nei moderati di Forza Italia o negli scontenti della Lega.

Il ruolo determinante di Azione e Iv in Basilicata per la vittoria di Bardi

In Basilicata, sia Azione sia Orgoglio lucano, dove è confluito Iv, hanno preso più del 7%. Un risultato sostanziale (visto che fra il candidato di centrodestra Vito Bardi e quello progressista Piero Marrese ci sono 14 punti) ma su cui incidono due fattori: l’esiguità del bacino elettorale – hanno votato in 280 mila – e il peso di Marcello Pittella, il secondo consigliere più votato, che ha trascinato Azione. «In Basilicata si vince al centro – ha twittato Renzi – Bardi ha scelto noi e ha vinto. Il Pd ha scelto il M5s e ha perso. Tutto il resto è noia».

I diversi posizionamenti in Piemonte

Alle forze di centro si guarda con attenzione, specie per due appuntamenti a breve scadenza: in vista della mozione di sfiducia al governatore Michele Emiliano, in programma il 7 maggio, in Puglia sono tenute d’occhio le intenzioni dei tre consiglieri di Azione, anche se non paiono determinanti. Mentre in Piemonte – dove Pd e M5s corrono divisi – si attendono le mosse di Iv, che sembra orientata verso il centrosinistra, e di Azione, che pare puntare al governatore uscente di centrodestra, Alberto Cirio.

Le tensioni Pd-M5s

Nell’area progressista, invece, la sconfitta in Basilicata ha reso più complicato un periodo già piuttosto problematico. Il M5s è uscito dalle urne ridimensionato: il 7% contro il 20% del 2019. Mentre nel Pd, che ha portato a casa il 13,9%, la segretaria Elly Schlein deve fare i conti con le ripercussioni delle divisioni sul simbolo e con i maldipancia per le alleanze, alimentati dalla stoccata di Giuseppe Conte sul Patto di Stabilità: «Non mi capacito del perché il M5S sia rimasto solo a votare contro un accordo che taglia le gambe alla crescita dell’Europa e dell’Italia». Il presidente M5s ha citato esplicitamente le forze di governo, ma l’uscita è suonata come una critica all’astensione anche del Pd.



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Amazon, da Antitrust sanzione da 10 milioni per pratica commerciale scorretta



L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha irrogato una sanzione di 10 milioni di euro in solido a due società del gruppo Amazon, le aziende lussemburghesi Amazon Services Europe e Amazon EU. Lo rende noto l’Antitrust che, grazie all’istruttoria, ha accertato che Amazon attua una pratica commerciale scorretta consistente nella pre-selezione dell’acquisto periodico per un’ampia selezione di prodotti offerti sul sito amazon.it.

In particolare, nella pagina web dove sono descritte le caratteristiche dell’articolo selezionato, viene pre-impostata l’opzione “acquisto periodico” anziché “acquisto singolo”, sia per prodotti venduti da Amazon sia per prodotti venduti da terzi sul marketplace. In questo modo, spiega l’Autorità, viene limitata in modo considerevole la libertà di scelta dei consumatori. La pre-spunta grafica dell’acquisto ricorrente induce a comprare periodicamente un prodotto – anche senza effettivo bisogno – limitando così la facoltà di scelta. Inoltre, la condotta attuata dal gruppo è stata ritenuta in contrasto con il canone di diligenza professionale perché un operatore dell’importanza di Amazon sarebbe tenuto a costruire le interfacce online, relative ai processi di acquisto, in modo da consentire ai consumatori di effettuare scelte commerciali libere e consapevoli.

In avvio di istruttoria, conclude la nota, era stata contestata anche la pre-selezione della consegna veloce a pagamento. Rispetto a questa condotta, l’Autorità ha accolto gli impegni proposti da Amazon che in futuro predefinirà soltanto l’opzione di consegna gratuita. Inoltre le due società erogheranno un ristoro a favore dei consumatori che durante il 2023 si sono rivolti al Servizio Clienti per lamentarsi di questa condotta.



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Dal meteo avverso in Brasile alla crisi del Mar Rosso, ecco perché la tazzina del caffè ormai sfiora 1,40 euro e può aumentare ancora



Le avverse condizioni meteo in Brasile ma anche il cambio euro-dollaro potrebbero pesare, e non poco, sui consumatori di caffè italiani. Infatti di rincaro in rincaro, tra crisi della produzione e costi di trasporto sempre più proibitivi per la materia prima, la tazzina del caffè che i connazionali mandano giù al bar diventa sempre più salata. Ormai sono poche le città dove per il rito quotidiano di inizio giornata si paga meno di 1 euro. E in media ormai il prezzo è arrivato ad 1,20 euro secondo gli ultimi dati del Mimit rielaborati da Assoutenti.

La “tempesta perfetta”

Ma gli importatori e i torrefattori lanciano un ulteriore allarme: sui prezzi si sta scatenando la “tempesta perfetta”. Dunque ulteriori rincari all’orizzonte e per arrivare a 2 euro a tazzina ormai la strada da percorrere è davvero poca. Altoga, l’associazione nazionale torrefattori, importatori di Caffè e grossisti alimentari aderente a Federgrossisti-Confcommercio, spiega che negli ultimi 6 mesi le quotazioni di borsa del caffè Robusta sono praticamente raddoppiate: hanno registrato un rialzo di oltre il 90% (da 2.200 a 4.195 dollari la tonnellata), e quelle della varietà Arabica del 55% (da 155,25 a 239,85 centesimi alla libbra).

Le cause

Ma perché questa impennata? Ad incidere una forte contrazione dell’offerta da parte del Vietnam, le avverse condizioni metereologiche in Brasile, lo sfavorevole tasso di cambio per il rafforzamento del dollaro sull’euro, che ha inciso sul costo del caffè fino a un +4% negli ultimi mesi ed infine la necessità di evitare il passaggio nel Mar Rosso con conseguente aumento di tempi e costi di percorrenza. Fattori che, complessivamente, incidono sui costi di importazione del caffè fino al 50% in più rispetto a sei mesi fa. E qual è l’effetto sul “signor Mario” che la mattina passa al bar a prendere il suo caffè? Il caffè espresso ha già subito continui aumenti dei listini negli ultimi anni, – calcola Assoutenti – al punto che oggi il prezzo medio registrato ufficialmente dal Mimit di una tazzina consumata al bar si attesta a 1,18 euro nelle principali città italiane. Solo tre anni fa, nel 2021, il costo medio dell’espresso era di 1,03 euro: questo significa che gli italiani hanno già subito un aumento del 14,9%.

Dove costa di più

Tra le principali città, Bolzano è quella che detiene il primato del caro-caffè al bar, con un prezzo medio di 1,38 euro a tazzina, seguita da Trento (1,31 euro) mentre Catanzaro, con una media di 0,99 euro, risulta la città più economica, superando così anche Napoli (1,05 euro). – analizza Assoutenti – Se però si confrontano i listini odierni con quelli in vigore nel 2021, si scopre che la provincia che ha subito i rincari maggiori è Pescara, con il prezzo medio che sale da 1 euro a 1,28 euro e un aumento del +28%, seguita da Bari col +24,4%. «Temiamo che i rialzi delle quotazioni del caffè possano portare nelle prossime settimane a incrementi dei prezzi sia per le consumazioni al bar (caffè, cappuccino, ecc.) sia per il caffè in polvere venduto nei supermercati. – afferma il presidente Gabriele Melluso – Anche pochi centesimi di aumento determinerebbero una stangata sulle tasche dei consumatori, considerato che in Italia vengono serviti nei locali pubblici circa 6 miliardi di caffè all’anno per un giro d’affari dell’espresso pari a circa 7 miliardi di euro annui».



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Niente azzeramento, Emiliano vara un mini rimpasto



L’azzeramento della Giunta non c’è stato, il governatore della Puglia Michele Emiliano, in serata, ha varato un mini rimpasto con l’ingresso di tre assessori, mentre sono due quelli che hanno dato le dimissioni. A lasciare la squadra di governo sono stati i due componenti esterni: l’ex forzista Rocco Palese, assessore alla Sanità, e Anna Grazia Maraschio, assessora all’Ambiente in quota Sinistra italiana.

Chi entra in giunta

I tre volti nuovi sono invece quelli dell’avvocata Serena Triggiani che ha ricevuto la delega all’Ambiente, ciclo rifiuti e bonifiche, parchi, rischio industriale, politiche abitative, crisi industriali e politiche di genere; di Viviana Matrangola che ha ottenuto la delega a Cultura, tutela e sviluppo delle imprese culturali, legalità e antimafia sociale; e della consigliera regionale del Pd Debora Ciliento che diventa titolare dell’assessorato ai Trasporti e mobilità sostenibile al posto della dimissionaria Anita Maurodinoia, indagata in una inchiesta della Procura di Bari su un presunto voto di scambio.

I ruoli vacanti

Restano vacanti gli assessorati alla Sanità e quello al Welfare, quest’ultimo lasciato dalla pentastellata Rosa Barone.

La richiesta di Schlein

Un mini rimpasto che non va incontro alla richiesta che era arrivata dalla segretaria nazionale del Pd, Elly Schlein, dopo le inchieste e gli arresti che hanno travolto la politica pugliese. Schlein aveva parlato di «netto un cambio di passo», si ipotizzavano almeno cinque cambi in giunta, invece per ora ne sono arrivati tre.

L’audizione in commissione parlamentare antimafia

Intanto, è notizia di oggi che Emiliano e il procuratore di Bari, Roberto Rossi, saranno ascoltati in commissione parlamentare antimafia sulle vicende e le inchieste legate alla presunta compravendita di voti. A deciderlo è stato l’ufficio di presidenza della commissione. «Michele Emiliano sarà audito dalla commissione Antimafia. La presidente Colosimo ha accolto la mia richiesta di convocare il governatore della Puglia in tempi brevi. Presto dovrebbe essere fissata una data. È arrivato il momento che Michele Emiliano spieghi cosa sta succedendo in quella regione e a Bari», ha commentato la senatrice Raffaella Paita, coordinatrice nazionale di Italia viva e componente della commissione Antimafia.



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Balocco-Ferragni, tribunale civile: «È pratica scorretta»



La prima sezione civile del Tribunale di Torino ha accolto il ricorso presentato dalle associazioni Codacons, Utenti dei servizi radiotelevisivi e Adusbef, sulla campagna di beneficenza, a favore di un ospedale torinese, della industria dolciaria Balocco attuata attraverso la vendita del pandoro “Pink Christmas” griffato dall’influencer Chiara Ferragni , ritenendola una «pratica commerciale scorretta». La giudice Gabriella Ratti ha accertato – scrivono in una nota le associazioni – «la pratica scorretta messa in atto dall’azienda e l’ingannevolezza dei messaggi lanciati al pubblico sulla campagna di beneficenza associata alla vendita del prodotto».

Codacons: sentenza aggrava la posizione di Ferragni

Secondo il Codacons, si tratta «di una sentenza importantissima che ora da un lato apre la strada ai risarcimenti in favore di tutti i consumatori che avevano acquistato il pandoro in questione, dall’altro aggrava la posizione di Chiara Ferragni nell’indagine per truffa aggravata condotta dalla procura di Milano».



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Dl Pnrr, ok definitivo del Senato. Dai consultori agli alloggi universitari: cosa c’è nel nuovo decreto



Ok del Senato con 95 sì, 68 no e 1 astenuto alla fiducia posta dal governo sul decreto che contiene disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Il provvedimento, arrivato blindato a palazzo Madama dalla Camera, incassa perciò il via libera definitivo. E diventa legge.

Nella sanità assunzioni più facili con contratti flessibili

Per la sanità gli emendamenti approvati alla Camera garantiscono assunzioni più facili con contratti flessibili, da quelli a tempo determinato ai co.co.co., con una corsia più semplice per assumere gli specializzandi dal secondo anno in poi senza i paletti del passato. Una novità salutata dagli ospedalieri dell’Anaao come un primo passo per affrontare il problema della carenza di personale negli ospedali e contrastare il fenomeno dei gettonisti.

Associzioni a sostegno della maternità nei consultori

Le Regioni, nell’organizzare i servizi dei consultori, possono «avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità». E’ quanto prevede un emendamento al dl Pnrr su cui il governo ha messo la fiducia alla Camera. Il testo, a prima firma di Lorenzo Malagola di FdI, è stato stigmatizzato dalle opposizioni come un attacco «ai diritti della donna e alla sua autodeterminazione»

A Cdp controllo e gestione fondi alloggi università

La verifica e il controllo sull’attuazione e rendicontazione degli interventi finanziati col Pnrr per gli alloggi universitari saranno svolti «con il supporto» di Cdp e di società controllate direttamente o indirettamente da Cassa. E’ affidata alla Cassa anche «la gestione dei fondi statali oggetto delle procedure amministrative», ferma restando l’applicazione delle regole e procedure del Pnrr agli immobili eventualmente ritenuti ammissibili al conseguimento del target M4c1-30.

Dl Pnrr cambia su PagoPa, stop a patti dominanti Poste

In base a un emendamento approvato in commissione bilancio alla Camera, Poste, nel caso di ingresso in PagoPa, non potrà stipulare patti di sindacato con il Poligrafico dello Stato che abbiano per effetto l’esercizio di un’influenza dominante sul governo della società. Resta fermo inoltre quanto previsto dalla legge sulla tutela della concorrenza, si chiarisce, in base a cui le operazioni di modifica della concentrazione soggiaciono alla disciplina in materia di concentrazioni e devono essere sottoposte al controllo preventivo dell’Antitrust. Nella versione iniziale della norma era previsto che il controllo potesse essere ceduto al Poligrafico dello Stato e per il resto, per una quota non superiore al 49 per cento, a Poste Italiane. La previsione aveva destato preoccupazione nel mondo bancario e tra i circuiti internazionali di pagamenti e carte



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Irpef, sui redditi sopra i 35mila euro pesano oltre i due terzi delle tasse



L’Irpef dichiarata dagli italiani nel 2023 ha garantito allo Stato 174,2 miliardi di euro (+1,9% rispetto all’anno precedente). Secondo i dati delle dichiarazioni dei redditi, inoltre, ogni cittadino italiano ha pagato in media 5.380 euro di Irpef che è dichiarata da quasi 32,4 milioni di soggetti, pari a circa il 77% del totale dei contribuenti. Per circa 9,7 milioni di soggetti l’imposta netta è risultata pari a zero.

Va detto inoltre che secondo la distribuzione dell’imposta per classi di reddito i contribuenti con imposta netta e redditi fino a 35.000 euro (l’80% del totale) dichiarano il 37% dell’imposta netta totale, mentre il carico fiscale resta in gran parte sulle spalle del restante 63% che dichiara redditi superiori a 35.000 euro (il 20% del totale contribuenti).

A fotografare lo stato di salute della regina delle imposte italiane è il Dipartimento delle Finanze che ha reso pubblici i dati relativi alle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2023 e riferite all’anno di imposta 2022. Il reddito complessivo totale dichiarato ammonta a oltre 970,2 miliardi di euro (58 miliardi in più rispetto all’anno precedente, +6,3%) per un valore medio di 23.650 euro, in aumento del 4,9% rispetto al reddito complessivo medio dichiarato l’anno precedente. La dinamica del reddito complessivo riflette l’aumento dei redditi da pensione, da lavoro dipendente e da lavoro autonomo.



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