Milano approva ricorso contro intitolazione di Malpensa a Silvio Berlusconi



La giunta del Comune di Milano ha approvato la delibera relativa al ricorso contro l’intitolazione dell’aeroporto di Malpensa a Silvio Berlusconi, che sarà portato avanti insieme ad altri Comuni. Dopo che la delibera sarà stata approvata anche dagli altri Comuni interessati, il ricorso verrà depositato al Tar, forse la prossima settimana. «Ci siamo associati al ricorso come altri comuni – ha spiegato il sindaco Giuseppe Sala, a margine dell’evento di apertura della Green Week – confermo che siamo associati al ricorso, per le tempistiche non so ancora niente».

Confalonieri: Berlusconi non ha bisogno di dediche

Non si sono fatte attendere le reazioni. «Berlusconi non ha bisogno» di questo, «è quello che ha lasciato, a prescindere dal ’ti dedico la via, la piazza’. Berlusconi ha lasciato una eredità». Così il presidente di Mfe Mediaset e della Veneranda Fabbrica del Duomo, Fedele Confalonieri, ha commentato la delibera passata in giunta al Comune di Milano, contro l’intitolazione di Malpensa all’ex premier. «A me Berlusconi ha cambiato la vita ’da così a così’ e a tanti, forse a tantissimi, a tutti quelli che hanno lavorato con lui ha cambiato la vita – ha concluso a margine della presentazione di una iniziativa della Veneranda Fabbrica del Duomo -. E Berlusconi è questo».

Lega contro il Comune

«Milano è ormai tra le città più insicure d’Italia, da anni non trova una soluzione per il nuovo stadio e ha addirittura perso la finale di Champions 2027 rimediando una figuraccia internazionale, in più ha deciso di tassare e penalizzare i cittadini che non possono permettersi un mezzo di trasporto – a due o a quattro ruote – ultimo modello. Eppure la priorità di Giuseppe Sala e della sua Giunta è cancellare l’intitolazione a un grande milanese come Silvio Berlusconi dell’aeroporto di Malpensa. Viva la Milano che guarda al futuro e non ha tempo da perdere». Così una nota della Lega.



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Fisco ingiusto per l’85% degli italiani: sì a un’imposta sui super ricchi



L’85% degli italiani ritiene che il sistema fiscale del nostro Paese sia poco o per nulla equo perché non è effettivamente progressivo e crea disparità fra contribuenti nelle stesse condizioni economiche. Il 78% pensa che l’articolo 53 della Costituzione, in base al quale tutti sono chiamati a concorrere «alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva» e secondo criteri di progressività, non sia per nulla rispettato o lo sia soltanto in parte.

Insomma, gli italiani bocciano a grande maggioranza il sistema impositivo perché ritenuto ingiusto, troppo gravoso ma anche moltiplicatore delle disuguaglianze. Le percentuali di giudizi negativi sono altissime e, anche se non è una novità, rappresentano il segno tangibile del livello di sfiducia di gran parte dell’opinione pubblica nel sistema statale.

L’iniquità del Fisco, infatti, contribuisce a rendere il Paese sempre più disuguale: per il 71% degli italiani , le disuguaglianze sono aumentate negli ultimi cinque anni e sono di natura per lo più economica, ma anche nell’accesso ai servizi, soprattutto quelli sanitari.

I dati che emergono dall’indagine demoscopica Gli italiani e la grande ricchezza, realizzata a settembre dall’Istituto Demopolis per Oxfam Italia su un campione di oltre 4mila intervistati, non lasciano molti margini di dubbio sulle opinioni degli italiani.

Spostare la tassazione

Se i giudizi degli intervistati sono netti nel condannare l’equità del sistema fiscale, gli italiani sembrano avere idee altrettanto chiare sui modi per porre fine alle ingiustizia fiscali. Per il 67% la strada da seguire è un riequilibrio dell’attuale tassazione, spostandola dal lavoro ai redditi finanziari, ai profitti e ai grandi patrimoni. Il 20% vorrebbe un calo generalizzato delle tasse per tutti e meno servizi pubblici e solo il 13% non ha una risposta.



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Debito su al 138,3% nel 2026, deficit in picchiata fino al 2,7%



Chi avesse visto nei numeri diffusi lunedì dall’Istat l’archiviazione dei colpi del Superbonus sui conti dello Stato si dovrà ricredere quando leggerà le cifre del Piano strutturale di bilancio. Nel nuovo programma di finanza pubblica, che ovviamente tornerà in Consiglio dei ministri domani nonostante le voci contrarie dei giorni scorsi, il quadro programmatico indicherà un debito pubblico in salita ancora più rapida del previsto nel suo rapporto con il Pil per altri tre anni. Il 2024 si dovrebbe chiudere con un passivo al 134,8% del Pil, solo due decimali più alto (invece dei cinque previsti dal Def di aprile) rispetto al 134,6% calcolato dall’Istat per il 2023, grazie alla corsa delle entrate. Ma presto le lancette del debito torneranno a salire in modo deciso, e dovrebbero portarsi al 137,1% nel 2025 e al 138,3% nel 2026. Poi il decollo termina, e dal 2028 ricomincia la discesa.

Le cifre finite ieri sul tavolo del confronto a Palazzo Chigi fra il Governo, rappresentato dal ministro dell’Economia Giorgetti e dal sottosegretario Mantovano, e le parti sociali sono appunto figlie di Superbonus e affini. Che nei calcoli aggiornati dal ministero dell’Economia peseranno sul debito pubblico per circa 40 miliardi l’anno fino al 2027, quando inizierà il dimagrimento deciso di quell’eredità. Proprio il fatto di essere figlia del passato rende questa nuova risalita del passivo, più decisa rispetto a quella indicata dal Def dove nel 2024-26 cumulava 2,5 punti contro i 3,7 che totalizzerebbe nel nuovo quadro, digeribile agli occhi della Commissione Ue, che nell’esame del nuovo Piano di bilancio strutturale si concentrerà sul deficit, frutto invece delle scelte di oggi e di domani. E lì la discesa appare netta.

Il disavanzo si dovrebbe fermare quest’anno al 3,8% del Pil, molto più giù del 4,3% messo a preventivo dal Def ancora grazie alla vivacità delle entrate, per poi planare al 3,2% nel 2025 e al 2,7% nel 2026. Sotto, non di poco, al 3%, come anticipato dal Mef nei giorni scorsi. L’architettura poggia su un obiettivo di crescita che rimarrebbe al +1,2% sia il prossimo anno, tasso già scritto nel quadro tendenziale dell’ultimo Def, sia nel 2026 quando invece la vecchia tabella riportava un +1,1 per cento.

L’ambizione al momento non può andare oltre. Perché la congiuntura internazionale non aiuta e perché l’esigenza di non spingere ulteriormente il debito e di rientrare in fretta nei parametri più ordinati di deficit determinerà in autunno una manovra correttiva (nell’ordine dei 12-13 miliardi l’anno, com’è ormai chiaro con l’allungamento a 7 anni del percorso di aggiustamento) fondata su tagli di spesa, come ha spiegato Giorgetti alle parti sociali. La spesa primaria netta, il nuovo parametro cardine dei vincoli comunitari riformati, salirà nel 2025 solo dell’1,2%, per crescere dell’1,5% e dell’1,6% nei due anni successivi centrando così la media triennale del +1,5% anticipata nei giorni scorsi. Nel confronto di ieri il Governo ha confermato l’obiettivo di far mantenere il ritmo del Pil alla spesa sanitaria, che quindi dovrà crescere più della media imponendo ad altre voci cure più drastiche. Anche la spending review entrerà insieme a fisco, giustizia civile, concorrenza e Pa nel pacchetto degli impegni sulle riforme indispensabili a ottenere il via libera alla correzione dei conti in 7 anni anziché nei 4 ordinari.

Oltre alla correzione dei conti, lo sforzo principale della manovra in arrivo sarà la conferma di decontribuzione e Irpef a tre aliquote, in forma non più temporanea ma strutturale come già spiegato da Giorgetti e come imposto dalle regole Ue. Qualche risorsa in più dovrebbe arrivare anche per il pubblico impiego, portando al 6% gli aumenti offerti dal rinnovo contrattuale 2022/24 ora sul tavolo negoziale, mentre sulle pensioni si punta a confermare tutto il sistema attuale, con i meccanismi di flessibilità in uscita ma anche con le fasce di indicizzazione che altrimenti sarebbero tramontate a fine anno. Le prospettive, insomma, appaiono parecchio impegnative: ma non contemplano aumenti di tasse perché la crescita delle entrate, ha spiegato Giorgetti, sarà affidata solo alla lotta a evasione ed elusione, oltre che naturalmente alle performance dell’economia reale.



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Comunicato sindacale del Comitato di redazione



Il Comitato di Redazione del Sole 24 Ore esprime solidarietà ai colleghi di Repubblica per lo sciopero indetto nei giorni 25 e 26 settembre e il tentativo di boicottaggio da essi denunciato, a opera dei vertici della testata. Le ragioni dell’agitazione sottolineate nel loro comunicato – le gravi ingerenze sull’attività giornalistica da parte dell’editore, delle aziende a lui riconducibili e, indirettamente, dei soggetti che a vario titolo prendono parte agli eventi organizzati dall’azienda – qui in Italia rappresentano uno snodo decisivo del futuro dell’informazione e interrogano l’intero settore, animato da editori che pretenderebbero di sopperire all’endemico calo delle copie vendute con una sempre più spinta diversificazione nella direzione di marketing ed eventi.

Ma i giornali non sono banner pubblicitari a disposizione di inserzionisti e partner vari: qualsiasi tentativo di valorizzazione del brand di una testata giornalistica non deve prescindere da qualità dei contenuti offerti ai lettori, netta separazione tra informazione e marketing – sacro e profano –, nonché da un’ineccepibile condotta deontologica. Diversamente, segheremmo noi stessi il ramo su cui tutti quanti siamo seduti. Perché il giornalismo si serve, non ci si serve del giornalismo.

Il CDR



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Inps: per il 18% delle donne rischio uscita dal lavoro con la nascita di un figlio



Sono 11,6 milioni i dipendenti privati che hanno beneficiato del taglio del cuneo contributivo, rispetto alla totalità dei lavoratori pari al 79% della platea, ma la percentuale sale all’84% per le donne, fino a superare il 90% per i giovani con età inferiore ai 35 anni. L’importo medio della decontribuzione è pari a circa 100 euro; se però si porta l’attenzione solo sui rapporti a tempo pieno e attivi per l’intero mese il beneficio per il lavoratore migliora con un aumento della retribuzione imponibile lorda di 123 euro, il 46% percepisce un ammontare dell’esonero superiore a 125 euro.

Il documento

La relazione annuale dell’Inps, appena pubblicata, quantifica l’impatto della decontribuzione di 7 punti per le retribuzioni fino a 25mila euro e di 6 punti nella fascia fino a 35ila euro lorde, finanziata con poco più di 10 miliardi dalla scorsa legge di Bilancio, che il governo Meloni intende confermare con la manovra in preparazione. Da notare come soggetti più “svantaggiati”, come donne e giovani, percepiscono un minore importo della decontribuzione: la percentuale di coloro che beneficiano di un esonero inferiore ai 100 euro è maggiore per queste categorie e diminuisce all’aumentare della agevolazione contributiva come conseguenza di una retribuzione imponibile media più bassa.

La perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni

Il taglio del cuneo, andato tutto a vantaggio dei lavoratori, ha contribuito al recupero del potere d’acquisto delle retribuzioni che hanno perso terreno rispetto alla fase pre covid. In media tra il 2019 e il 2023 si registra un incremento medio delle retribuzioni del 6,8%. Si tratta di una variazione nominale delle retribuzioni decisamente inferiore a quella dell’inflazione. Infatti gli indici Istat dei prezzi convergono sul fatto che la variazione media dei prezzi al consumo tra il 2019 e il 2023 è collocabile attorno al 15-17% (peraltro, se si considerano solo i beni alimentari la variazione sale al 25%) a causa dell’incremento dei costi energetici conseguente, in particolare, all’invasione russa dell’Ucraina. Nello stesso periodo, l’indice Istat delle retribuzioni contrattuali orarie per il totale dell’economia esclusi i dirigenti evidenzia un incremento tra il 2019 e il 2023 pari al 5,2%, confermando il quadro di un significativo gap rispetto all’andamento dell’inflazione. La distanza può essere quantificata in una decina di punti percentuali.

Dalla seconda metà del 2023 iniziato il recupero grazie a rinnovi Ccnl e sgravi

Solo a partire dalla seconda metà del 2023 le retribuzioni contrattuali, con gli aumenti previsti nei Ccnl rinnovati, hanno iniziato a recuperare sull’inflazione. Occorre rilevare peraltro che, soprattutto (ma non solo) per le retribuzioni medio-basse, diversi provvedimenti governativi di riforma, in materia fiscale e contributiva, hanno inteso aumentare il salario netto pur in costanza di retribuzione lorda, modificando quindi l’incidenza del cuneo fiscale dal lato lavoratore. In valori assoluti, l’incremento su base annuale, per l’effetto congiunto delle misure intraprese, è pari nel 2024 a circa mille euro per retribuzioni mensili lorde “basse”, e sale a 1.400 euro per retribuzioni mensili lorde attorno ai 1.800 – 2.600 euro. Se analizziamo, infatti, la variazione della retribuzione netta corrispondente al salario medio lordo degli anni 2021 e 2023, l’incremento sale da circa il 6,9% per il lordo a un più consistente 10,4% per il netto. L’inps evidenzia che «si tratta, in ogni caso, di un valore ancora distante dal recupero pieno dell’inflazione».

Gap salariale penalizza donne e giovani

Per chi lavora l’intero anno la retribuzione media delle donne è inferiore del 18% a quella dei maschi, per chi lavora una parte dell’anno la retribuzione media giornaliera è inferiore del 26% a quella corrispondente dei maschi. Sul divari retributivi incide anche il fattore età: la retribuzione media giornaliera degli under 30 è inferiore del 30% a quella dei dipendenti delle classi centrali di età (30-54 anni) (72 euro contro 103) e la retribuzione media di questi è inferiore del 13% a quella degli over 54 anni (103 euro contro 118). Infine, per quanto riguarda il Paese di nascita, si osserva che la distanza tra la retribuzione media dei non comunitari e quella degli italiani e dei nati nei Paesi dell’Europa a 15 o nei Paesi industrializzati è anch’essa pari a 30 punti percentuali (74 euro contro 105).



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Gas, la domanda cresce dagli Usa al Medio Oriente: ecco perché è cruciale per la sicurezza energetica



La domanda globale di gas ha mantenuto la sua crescita nel 2023, aumentando di 59 miliardi di metri cubi (1,5%) rispetto ai livelli del 2022. Si prevede che questa tendenza continuerà nel 2024 con un ulteriore aumento di 87 miliardi di metri cubi (2,1%). L’Asia continua a essere la principale regione importatrice a livello globale, supportata da una crescita delle esportazioni da parte del Nord America e del Medio Oriente. Sono i dati contenuti nel Global Gas Report 2024 al centro di un webinar di approfondimento organizzato da Snam e introdotto dal suo ad Stefano Venier.

Gas cruciale per la sicurezza energetica

Secondo l’analisi, sebbene i mercati globali del gas si siano stabilizzati dalla volatilità record e dai prezzi visti nel 2022, rimangono fragili a causa delle persistenti preoccupazioni per la sicurezza energetica, con livelli di volatilità e prezzi ancora elevati rispetto al periodo pre-pandemico. E in quest’era di incertezza, ribadisce il Report, il gas naturale e i gas decarbonizzati e low-carbon rimangono comunque essenziali per costruire un sistema energetico equilibrato e sostenibile che garantisca affidabilità, scalabilità e accessibilità e assicuri la sicurezza dei sistemi di approvvigionamento.

L’importanza delle tecnologie a basso contenuto di carbonio

Nel documento si evidenzia poi l’importanza delle tecnologie gas a basso contenuto di carbonio come il biometano, l’idrogeno a zero e basse emissioni e la Ccus (cattura, stoccaggio e utilizzo del carbonio) che sta diventando evidente con l’accelerazione della transizione energetica, l’importanza . Attualmente, la produzione di biometano è concentrata principalmente in Nord America ed Europa, con mercati emergenti in Cina e India, e può soddisfare meno dell’1% della domanda globale di gas naturale.

Il ruolo di idrogeno e Ccus

Quanto all’idrogeno, la produzione della variante a zero o basse emissioni, sebbene ancora in ridotta (5 Mtpa), è destinata a una rapida crescita annuale del 45% dal 2023 al 2030, con pari contributo di idrogeno blu e verde. Allo stesso modo, si prevede che la capacità di cattura della CO2 tramite Ccus crescerà del 42% annuo. Nonostante siano ancora all’inizio del loro sviluppo, e molti dei progetti si trovino nello stato cosiddetto pre-FID (acronimo che identifica la decisione finale d’investimento), queste tecnologie svolgeranno un ruolo critico nei futuri sistemi energetici. Pertanto, è fondamentale che l’infrastruttura del gas sia progettata per facilitare un’adozione sempre più ampia di questi gas rinnovabili e low-carbon.

L’andamento della domanda energetica

Di recente, spiega poi il Rapporto, la domanda energetica è cresciuta nelle regioni in via di sviluppo (a causa dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione), così come in quelle sviluppate (nonostante miglioramenti nell’efficienza energetica e fenomeni di stagnazione e declino industriale). Inoltre, recenti cambiamenti globali come lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e l’incremento delle temperature stanno spingendo la domanda di elettricità dei data center e dei sistemi di raffreddamento, influenzando quindi anche la domanda di gas. Queste tendenze stanno mettendo in discussione le ipotesi di una decelerazione della crescita della domanda energetica che varie istituzioni hanno fatto nei loro scenari. Se la domanda energetica continua a evolversi come negli anni recenti, la domanda effettiva divergerà significativamente dai percorsi degli scenari, arrivando potenzialmente ad un divario tra la domanda e l’offerta pianificata di gas naturale e di altre energie a basso contenuto di carbonio.



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Il Papa annulla le udienze: «lieve stato influenzale»



Un “lieve stato influenzale” ha fermato oggi Papa Francesco. Sono state cancellate le udienze previste e il Pontefice è a riposo. Una scelta “precauzionale – hanno fatto sapere dal Vaticano – visto il viaggio dei prossimi giorni”. E infatti Papa Francesco dovrebbe affrontare in settimana un nuovo viaggio internazionale: sarà in Lussemburgo e Belgio dal giovedì 26 a domenica 29 settembre. Papa Francesco ha vissuto in grande forma il viaggio in Asia ed Oceania. Al ritorno ha infilato una lunga serie di udienze e appuntamenti. Praticamente non si è fermato mai ma oggi ha dovuto rivedere l’agenda della giornata. Il viaggio è al momento confermato, tanto che il direttore della sala stampa vaticana, Matteo Bruni, ha tenuto il previsto briefing con i giornalisti per illustrare il programma. E a chi gli chiedeva conferme, alla luce dell’indisposizione del Pontefice, Bruni ha chiarito: “Le udienze che sono state annullate sono quelle di questa mattina. Su tutto il resto non abbiamo dato informazioni o aggiornamenti, se ci fossero ve li daremo. Per il momento resta tutto come previsto”.

Martedì riposo

Il 24 settembre per il Papa sarà un giorno di riposo come tutti i martedì. Occorrerà vedere se verrà confermata l’udienza generale di mercoledì 25, attualmente ferma in agenda alle 9 a piazza San Pietro. Intanto tutto è pronto per questo nuovo viaggio internazionale: sarà il 46/o e saranno 67 i Paesi visitati dall’inizio del Pontificato. Francesco va nel cuore dell’Europa, anche se in primo piano non saranno le istituzioni europee, già visitate nel novembre del 2014 con il suo viaggio a Strasburgo. L’attenzione sarà per i due piccoli ma allo stesso tempo fondamentali Paesi del Continente europeo, il Lussemburgo e il Belgio, dove i temi di fondo saranno la pace, il clima, le migrazioni. In primo piano anche la piaga degli abusi e in Belgio, come annunciato dai vescovi locali (ma non confermato dal Vaticano), dovrebbe incontrare anche riservatamente un gruppo di vittime.

La tappa belga

La sfida del Papa sarà anche parlare dell’annuncio cristiano e del ruolo della Chiesa in due Paesi dove il peso della religione è molto calato rispetto al passato. Un momento centrale della tappa in Belgio saranno le due visite all’Università Cattolica di Lovanio in occasione dei 600 anni dalla fondazione. Dal 1968 sono due le sedi: la Katholieke Universiteit Leuven, di lingua olandese (situata a Lovanio) e l’Université catholique de Louvain, di lingua francese (situata a Louvain-la-Neuve). Lovanio è considerata nel mondo cattolico la fucina delle menti più progressiste. Ha studiato in quelle aule il gesuita Georges Henri Joseph Édouard Lemaître, autore della teoria del Big Bang. Ma viene da questa realtà accademica anche Gustavo Gutierrez, peruviano, oggi 96enne, considerato il padre della teologia della liber

azione. L’Università inoltre negli ultimi anni si è attirata le critiche dei cattolici più conservatori per le sue posizioni sul fine vita e sull’aborto.



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Il figlio di Andreotti risponde a Rita Dalla Chiesa: «Accusare mio padre schiaffo a sua memoria»




Nessun dissidio tra Andreotti e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Stefano Andreotti, dopo le polemiche per le parole di Rita Dalla Chiesa, sul “favore fatto a un politico” con l’omicidio del padre generale, avvenuto a Palermo il 3 settembre del 1982, interviene assicurando che nessun astio c’era tra il padre e il generale dei carabinieri.

«Accusare mio padre di un suo possibile coinvolgimento in un omicidio o di avere rapporti con la mafia è uno schiaffo alla sua memoria e alla sua storia» dichiara il figlio del 7 volte presidente del Consiglio. Stefano Andreotti, si dice «addolorato per le parole» di Rita Dalla Chiesa su un possibile coinvolgimento dello statista Dc nell’uccisione del generale Carlo Alberto dalla Chiesa. «Le sentenze di Palermo e di Perugia hanno smentito» ogni ipotesi in questo senso, sottolinea Stefano Andreotti che ricorda come invece tra suo padre e il generale «ci fosse un rapporto di grande stima reciproca». Anzi: a supporto dei rapporti cordiali tra i due, dopo essersi affidato ai suoi ricordi, in una lunga intervista con l’AdnKronos, Stefano Andreotti rende noto uno scambio epistolare del 1979.

Le lettere

Nella prima lettera -datata 3 settembre 1979- è Giulio Andreotti a rivolgersi al generale, scrivendo di aver apprezzato la sua scelta di restare alla guida del nucleo antiterrorismo, rinunciando di tornare a svolgere l’incarico di generale dei carabinieri. «Caro generale -scrive Andreotti, che ha appena lasciato Palazzo Chigi dove è arrivato Francesco Cossiga- so che accettare la conferma all’incarico le costa, ma conosco anche il suo patriottismo e penso a quale effetto avrebbe avuto l’annuncio di una sua diversa soluzione e dobbiamo quindi ancor di più essere grati. Auguri di buon lavoro e cordialissimi saluti».

Il 16 dello stesso mese risponde Dalla Chiesa: «Le sono tanto grato per i sentimenti di solidarietà e di incoraggiamento che si è compiaciuto farmi pervenire, sapevo della sua benevolenza e – con una punta di presunzione – anche della sua considerazione, ma l’aver potuto leggere così gentili espressioni, in un momento di particolare travaglio interiore e quando più ambivo ad un mio rientro nei ranghi e quindi nell’ombra mi ha fatto bene e mi è valso a quel po’ di ossigeno di cui avevo bisogno», scrive il generale. «Continuo a sperare che nel giro di pochi mesi le mie aspirazioni possono trovare la loro realizzazione che gli stati emotivi concedano spazio anche a chi, più che apparire intende conservare la fede dell’umiltà e la modestia al servizio del nostro Stato ma è anche certo che nella parentesi per la quale mi richiesto di continuare a recitare una parte, le mie prestazioni saranno caratterizzate come lei chiede, dal più genuino senso di responsabilità verso il governo e verso la collettività. Le rinnovo signor presidente, i sensi della mia gratitudine», conclude il testo.



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Bollette gas, ecco le offerte in arrivo entro il 30 settembre per chi non è passato al libero mercato



Per le bollette gas dei clienti non vulnerabili, famiglie e condomini, che con la fine della maggior tutela non avevano sottoscritto un contratto nel mercato libero, arriva la proroga per tutto il 2025 della “Placet in deroga”, l’offerta introdotta dall’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente per accompagnare questi consumatori nel passaggio al mercato libero avvenuto alla fine del 2023. La proroga, come ha spiegato il presidente dell’Arera Stefano Besseghini, servirà «a dare più tempo ai clienti di esercitare una scelta maggiormente informata e a consentire una partecipazione più attiva alle dinamiche del mercato libero. La Placet in deroga, infatti, consente ai clienti di confrontare facilmente le condizioni contrattuali ed economiche».

Cos’è l’offerta Placet in deroga

L’offerta Placet in deroga, con condizioni economiche e contrattuali definite dall’Autorità ma con componente fissa annuale (Pfix) definita dal venditore, è stata applicata quest’anno, come detto, a quei clienti che, con la fine delle tutele di prezzo, non avevano ancora optato per un operatore sul mercato libero.

Bollette, sempre più telefonate aggressive: come difendersi dai raggiri

Cosa ci sarà nell’avviso in arrivo entro il 30 settembre

A questi clienti i venditori dovranno inviare, entro il 30 settembre, una comunicazione scritta e separata dalla bolletta per proporre il rinnovo, per l’anno 2025, alle condizioni economiche più vantaggiose per il cliente tra la Placet in deroga (che lascia libera al venditore la sola componente fissa di commercializzazione) e la Placet ordinaria (che lascia libera al venditore sia la componente fissa sia la componente variabile di commercializzazione)

Quando il rinnovo potrà essere comunicato in bolletta

Solo qualora le condizioni economiche non subiscano variazioni rispetto a quelle attualmente applicate, il venditore potrà comunicare il rinnovo nella prima bolletta utile senza una comunicazione a parte. Le nuove condizioni entreranno in vigore il 1° gennaio 2025 e avranno validità 12 mesi, a meno che il cliente non decida di sottoscrivere una offerta diversa sul mercato libero.



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Ad Arborea via al Sardegna Endurance Festival 2024



Dal 26 al 29 settembre via al Sardegna Endurance Festival 2024 all’Horse Country Resort di Arborea. In pista i migliori cavalli e cavalieri d’Europa e del mondo. Prevista la presenza di 138 atleti e 153 cavalli in rappresentanza di 29 nazioni: Arabia Saudita, Argentina, Bahrain, Belgio, Bulgaria, Cile, Croazia, Emirati Arabi Uniti, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Giordania, Gran Bretagna, Italia, Kuwait, Olanda, Polonia, Portogallo, Qatar, Romania, Siria, Slovenia, Spagna, Svizzera, Svezia, Turchia, Ungheria e Uruguay.

Il campionato europeo under 21

Sedici nazioni parteciperanno il 27 settembre al Campionato europeo under 21 targato “Fei Endurance European Championship for Young Riders & Juniors”. Saranno 23 a concorrere il 29 settembre per il titolo mondiale giovani cavalli, sotto gli otto anni, il “Fei Endurance World Championship for Young Horses”. Il programma dell’evento è stato presentato all’Horse Country Resort, dallo Show director del Sardegna Endurance Festival Aldo Capovilla e dal veterinario ed esperto di competizioni equestri Mauro Ardu e dal titolare della struttura Riccardo Giachino.

Gare su un percorso di 120 chilometri

Il prato verde nel cuore delle strutture dell’Horse Country sarà la partenza, il punto di controllo sanitario per i cavalli e l’arrivo delle gare che si snoderanno lungo un percorso di 120 chilometri, tra i territori di Arborea e Terralba, attraversando alcuni degli angoli più suggestivi della costa occidentale della Sardegna. «Il tracciato – spiegano gli organizzatori – si svilupperà su realtà ambientali mozzafiato, dove uomo e natura conservano ancora un equilibrio di convivenza ormai scomparso in tante altre realtà del globo». Cavalli e cavalieri si avventureranno nei tracciati delimitati lungo le pinete e i sentieri di aree della macchia mediterranea, solcheranno poi zone umide e lacustri fino a costeggiare le dune di sabbia e le spiagge per attraversare quindi il borgo dei pescatori di Marceddì. Ed è proprio la valenza ambientale, insieme all’organizzazione dell’evento, a dare ad Arborea una marcia in più sul piano della selezione dei siti in corsa, valutati dalla Federazione equestre internazionale (Fei), per ospitare la manifestazione.

L’Endurance, gara di resistenza ed equilibrio

La disciplina dell’Endurance, molto radicata nei paesi del Golfo Persico da dove arrivano diversi concorrenti e tra i migliori cavalli, è una gara di resistenza ed equilibrio di fatica del cavallo e del cavaliere. La competizione agonistica è a volte anche molto dura e impegnativa. La lunghezza dei tracciati di gara può andare infatti dai 30-40 chilometri fino ai 120 o 160. I cavalli in gara sono in buona parte di razza araba e angloaraba. A organizzare il Sardegna Endurance Festival 2024, oltre ai padroni di casa dell’Horse Country Resort, c’è in prima fila la Federazione equestre internazionale. A sostenere gli internazionali ci sono ben tre ministeri: quelli del Turismo, dell’Ambiente e Sicurezza energetica e dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste. E poi la regione autonoma della Sardegna e le sue Agenzie Forestas e Agris, i comuni di Arborea e Terralba, il Coni nazionale e la Federazione italiana sport equestri. «In questi quattro giorni di gare con gli Europei juniores e il Mondiale giovani cavalli, si cimenteranno atleti provenienti da tutto il continente europeo. Per il Mase, che da due anni ha intrapreso la strada per un nuovo modello di educazione ambientale, gli atleti rappresentano uno dei veicoli ideali per il raggiungimento del traguardo di cultura», ha sottolineato Claudio Barbaro, sottosegretario all’Ambiente. «Sport, fatica, sacrifici, lealtà, tutto nel pieno rispetto degli animali e dell’ambiente circostante, teatro naturale senza pari di una manifestazione senza eguali al mondo», Patrizio La Pietra, sottosegretario alle Politiche agricole.

I controlli della commissione veterinaria

Il giorno che precede la gara vengono effettuate le visite per verificare l’idoneità dei cavalli, mentre per tutte le competizioni, ogni 30-35 chilometri, sono previsti i cosiddetti “Vet Gate”, dove il cavallo, una volta recuperate le energie, riparte, a patto che presenti gli idonei parametri fisiologici. I membri della commissione veterinaria controllano: battito cardiaco, stato di idratazione, colore delle mucose, movimenti intestinali, respiro e andatura. In poche parole, i parametri metabolici e meccanici che permettono di valutare se il cavallo è in condizione di proseguire. Qualora uno o più di questi elementi fosse fuori norma, il cavallo verrebbe eliminato dalla competizione. Durante il Vet gate, il tempo di gara viene bloccato e scatta un periodo di sosta obbligatoria (dai 30 ai 50 minuti) per consentire all’animale un ulteriore recupero. Per vincere non occorre solo tagliare per primi il traguardo, ma è fondamentale portare a termine la gara con il cavallo nelle migliori condizioni. Infatti, se un cavallo supera per primo l’arrivo, ma i suoi parametri fisici non saranno giudicati idonei, verrà eliminato. Previsto anche il premio “Best Condition”: un titolo che viene assegnato a chi giunge al traguardo, entro un’ora dal primo, classificandosi tra i primi 5 e che risulti essere nelle condizioni fisiche migliori.



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