Superenalotto, centrato a Riva del Garda il jackpot da 89 milioni



Riva del Garda festeggia il Superenalotto. È stato centrato proprio nella città in provincia di Trento il 6 che ha fatto intascare al vincitore 89,2 milioni di euro. La schedina vincente, da appena tre euro, è stata giocata nel punto vendita Sisal Tabaccheria Fortuna di Viale dei Tigli, poco distante dalle sponde del lago. La sestina vincente è stata 1, 23, 44, 45, 47, 60, Jolly 14, SuperStar 19.

Si tratta della seconda vincita del 2014 per il concorso a premi dopo quella registrata lo scorso maggio a Napoli per un jackpot da 101,5 milioni di euro. Anche in quel caso il costo della schedina era stato di una manciata di euro, appena due.

Con quello di oggi, il concorso a premi targato Sisal ha assegnato in totale 116 jackpot dalla sua nascita ad oggi. La vincita di stasera, peraltro, sfata anche un piccolo tabù che vedeva il Trentino una delle tre regioni d’Italia (insieme con Valle d’Aosta e Molise) a non aver mai centrato il 6 al Superenalotto in oltre 25 anni di storia del gioco.

Il montepremi più alto di sempre del Superenalotto resta quello del 2023, quando vennero vinti 371 milioni di euro con un sistema a 90 quote. Sul secondo gradino del podio ci sono i 209 milioni di euro vinti nell’estate del 2019 a Lodi, seguiti dai 177 milioni del jackpot di ottobre 2010, centrato anche in quell’occasione con un sistema a 70 quote.

Nella storia delle regioni più premiate dalle vincite di prima categoria, la Campania è sempre al primo posto con 19 sestine vincenti, seguita dal Lazio con 16. Alle sue spalle l’Emilia-Romagna con 13 e, infine, il Veneto con 10 insieme con la Puglia.



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La manovra e l’alone della politica



Se non fosse che è accompagnata da un alone fuori misura di polemica politica, la manovra per il 2025 che sta mettendo a punto Giancarlo Giorgetti sarebbe un esercizio non di ordinaria amministrazione ma certo meno ansiogeno.

L’entità sarà di 25 miliardi e il grosso servirà a finanziare in modo definitivo il taglio ai contribuiti per i lavoratori con redditi fino a 40mila euro (non più 35mila) in modo da aumentare i salari reali. Un’operazione che passerà anche dalla conferma della revisione delle aliquote Irpef sempre per i redditi più bassi.

Costo totale 14 miliardi.

Si cercano soldi in più per la sanità che dovrebbe arrivare a oltre 7 miliardi di finanziamento finale.

Qualche risorsa andrà anche all’Inps per cercare di aumentare l’importo delle pensioni minime seppur in modo infinitesimale.



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Il ministro della Cultura Giuli nomina Spano capo di gabinetto



Il Ministro della Cultura, Alessandro Giuli, ha nominato oggi Francesco Spano nel ruolo di Capo di Gabinetto. Lo annuncia il Mic in una nota. La nomina di Spano – comunicata oggi dal ministero della Cultura in una nota – fa seguito alla revoca a Francesco Gilioli, da parte di Giuli, dell’incarico di capo di gabinetto, avvenuta venerdì scorso, 11 ottobre, per essere «venuto a mancare il rapporto fiduciario». Gilioli era stato revocato dopo che il “caso Boccia” aveva portato alle dimissioni dell’ex ministro Gennaro Sangiuliano.

Carabinieri al ministero della Cultura, acquisiti documenti

I carabinieri del nucleo Investigativo di Roma sono stati in giornata al ministero della Cultura per acquisire documentazione relativa alla vicenda che coinvolge l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e l’imprenditrice Maria Rosaria Boccia. Gli inquirenti, secondo quanto apprende l’Ansa da diverse fonti, sono stati ricevuti dal ministro che ha assicurato «massima collaborazione» per la consegna degli atti richiesti.

Spano già segretario generale al MAXXI

Francesco Spano era già segretario generale della fondazione MAXXI dai tempi della presidenza di Giovanna Melandri, poi con Giuli. Nel 2017 alla guida dell’Ufficio nazionale antidiscriminazione (Unar), finì nella bufera e fu costretto alle dimissioni per un’inchiesta delle Iene che lo accusava di aver versato 55mila euro a un’associazione Lgbtq+, che però in realtà gestiva – secondo l’inchiesta – sesso a pagamento. Pro Vita & Famiglia Onlus la scorsa aveva lanciato una petizione popolare per chiedere di revocare immediatamente la nomina di Spano quando, in prima battuta, era stato chiamato da Giuli come vicecapo di gabinetto. Report dedicherà a Giuli, in particolare alla sua formazione politica, un servizio nella prima puntata della nuova stagione, in onda il 27 ottobre alle 20.30 su Rai3.



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Sale la tensione sulla manovra: ancora braccio di ferro sulle banche tra Lega e Forza Italia



E’ partito il conto alla rovescia per l’esame del Documento programmatico di bilancio atteso martedì in consiglio dei ministri a cui seguirà la manovra già la domenica o il lunedì successivo e sale la tensione anche dietro gli alleati al Governo. Ad agitare la maggioranza è l’ipotesi di tassare gli extraprofitti delle banche con scintille tra chi si dice favorevole e chi blocca qualsiasi ipotesi in merito. La Lega spinge per tassare le banche con Matteo Salvini che spinge per “tassare i banchieri e non gli operai”. Antonio Tajani di Forza Italia frena: “Non possiamo fare la guerra alle banche”, ma piuttosto “devono dare un contributo concordando con il Governo”.

La Lega: “Giusto che siano le banche a contribuire”

Nella maggioranza continuano a registrarsi tensioni attorno alle risorse necessarie a completare le coperture di una manovra che dovrebbe aggirarsi intorno ai 24 miliardi. Così, mentre sui canali social di FdI viene ribadito “una volta in più” che “l’aumento delle tasse non fa parte della cultura politica di questo governo”, Lega e Forza Italia tornano a scontrarsi sul tema degli extraprofitti delle banche. Per il vicesegretario del Carroccio, Andrea Crippa, “negli ultimi due anni, a causa dell’ingiustificato e folle rialzo dei tassi di interesse da parte della Bce, i primi sette istituti di credito italiani hanno quasi raddoppiato gli utili: +93%”. “È quindi giusto ed equo – sottolinea ancora Crippa – che siano loro, ora, a contribuire per redistribuire la ricchezza e favorire non solo le classi meno agiate del Paese, ma anche la crescita economica”.

Tajani (Fi): “Non possiamo fare la guerra alle banche”

A stoppare il ragionamento è il segretario di FI, Antonio Tajani, contrario all’idea di tassare gli extraprofitti “perché è una roba da Unione Sovietica”. Per il vicepremier “non possiamo pensare di fare la guerra alle banche”, che tuttavia “devono dare un contributo, concordando col governo, e dire come possono aiutare. Non deve essere per forza una tassa, può anche essere una scelta di favorire per esempio la possibilità di garantire più liquidità”. Di certo, mette in chiaro Tajani parlando al termine della Conferenza nazionale degli Enti locali di FI a Perugia, “la manovra non c’è uno che la scrive e gli altri che la approvano. La dobbiamo scrivere tutti quanti inseme, la approviamo tutti quanti assieme in Consiglio dei ministri, e poi tutti quanti assieme la approveremo in Parlamento”. “Con noi – ha ribadito Tajani – non ci saranno mai tasse sugli extra profitti delle banche”.

Il tempo stringe: è caccia alla coperture

Intanto è conto alla rovescia per l’esame del Documento programmatico di bilancio. Il governo spinge per il concordato e la sanatoria per finanziare la manovra e tentare di rimodulare le tasse. Non tutte le coperture sarebbero ancora al loro posto anche se mostrano ottimismo nella maggioranza: “siamo in dirittura di arrivo”. Una mano, come ogni anno, dovrebbe arrivare dal decreto legge fiscale collegato, che gli scorsi anni è servito anche ad anticipare alcune spese per liberare risorse. Il provvedimento è in lavorazione e, secondo alcuni, potrebbe essere già pronto per approdare in Consiglio dei ministri martedì sera, quando sarà sul tavolo il Documento programmatico di bilancio, che contiene l’indicazione generale delle poste della manovra.



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Spending Review mira a 3 Miliardi per Bilancio 2023″



Se i colleghi di Governo «non presenteranno proposte, al ministro dell’Economia toccherà fare la parte del cattivo e provvederà lui». Giancarlo Giorgetti parla ironicamente di sé in terza persona in collegamento con la festa del Foglio a Firenze mentre nelle stanze del Palazzo delle Finanze fervono i calcoli in vista del Documento programmatico di bilancio da presentare martedì sera in consiglio dei ministri. Come sempre, al rush finale del Dpb che va inviato entro lo stesso martedì 15 a Bruxelles con le griglie delle misure della manovra e dei loro effetti finanziari, i numeri si muovono fino all’ultimo. Ma un dato è certo, e riguarda il fatto che i ministeri sono fra i primi destinatari dei «sacrifici» evocati a più riprese in questi giorni dal titolare dei conti. E un altro è quasi definito: il conto della nuova spending review dovrà puntare l’anno prossimo almeno a quota 3 miliardi, in un calcolo che al momento comprende anche gli accantonamenti a cui saranno chiamati Regioni ed enti locali.

L’obiettivo è alto, ma del resto per tenere i ritmi di spesa primaria indicati nel Piano di bilancio strutturale bisogna ridurne di oltre tre volte i tassi di crescita rispetto agli anni passati. E mentre annoda il corsetto sui conti, il Governo incassa una prima mezza promozione da Fitch; Ed Parker, dg per i debiti sovrani dell’agenzia, ha detto che «le opinioni sull’Italia stanno diventando più positive», aggiungendo di non vedere rischi imminenti di downgrade ma «prospettive di miglioramento» a patto che l’Italia riesca a mantenere gli impegni scritti nel Piano dei conti. La partita insomma è aperta, ma con un buon viatico per il doppio appuntamento di venerdì 18, quando oltre a Fitch si pronuncerà S&P Global Ratings a poche ore dalla presentazione della legge di bilancio attesa intorno al 20 (che però è domenica).

Manovra, Giorgetti: “Sacrifici a banchieri non è bestemmia”

La nuova spending è un capitolo centrale di questi impegni. Tra le richieste esplicite di Giorgetti agli altri ministri c’è quella di «rinunciare a qualche programma che sopravvive dal passato e non porta alcuni utilità», ma numeri alla mano per cumulare i risparmi necessari a sostenere il quadro finanziario della manovra servirà qualche ambizione in più. A partire dallo stesso ministero dell’Economia. Non va trascurato infatti che il nuovo giro di spending si aggiunge a quello avviato nel 2022, che per l’anno prossimo chiede ai ministeri 1,5 miliardi (1,2 quest’anno) già nei tendenziali e quindi non utilizzabili per coprire nuove misure di spesa; e che il 51,7% di quell’assegno (775,1 milioni) deve essere staccato dal ministero dell’Economia, primatista per distacco in una graduatoria degli obiettivi di spending occupata al secondo posto dal ministero delle Infrastrutture (153 milioni). Non a caso Matteo Salvini, titolare del ministero oltre che della leadership della Lega in cui fino a poche settimane fa Giorgetti era il vice, parlando in mattinata ai sindaci lombardi riuniti dall’Anci alla Villa Reale di Monza ha spiegato che nelle ore successive avrebbe incontrato il suo collega di partito e di Governo «per difendere il mio budget».

L’assetto finale delle cifre dipenderà inevitabilmente anche dalla robustezza degli altri pilastri della manovra. Il deficit aggiuntivo rispetto al tendenziale porterà 9 miliardi, cioè poco più della metà dello scorso anno; 3,6 miliardi sono accantonati nel fondo per l’attuazione della delega fiscale, e altri 2,2 sono nel fondo per la riduzione delle tasse come certificato dallo stesso Piano di bilancio. Nuovi limiti agli sconti fiscali, in una revisione che però contempla anche un «trattamento migliore» per le spese legate ai figli come ribadito ieri da Giorgetti, insieme all’addio alle mini tax expenditures potrebbero portare qualcosa più di un miliardo, e altrettanto potrebbe arrivare da altre misure fiscali come le rivalutazioni. Dai giochi si attendono 400 milioni (Sole 24 Ore di sabato) e vanno ancora scoperte le carte sul contributo chiesto a banche e altre imprese favorite dalla congiuntura, in attesa di un accordo che al momento non è ancora emerso. La strada per coprire i circa 24 miliardi di manovra resta impegnativa, e per completarsi aspetta anche il verdetto del concordato a fine mese.

 



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estensione fino a 40mila euro di reddito”



Nella versione riveduta e corretta che sarà introdotta dalla prossima legge di bilancio il taglio al cuneo prova a cambiare pelle con un duplice obiettivo: diventare «strutturale» ma anche ridurre il carico sui conti previdenziali, per non metterne a rischio l’equilibrio a medio termine come sottolineato lunedì scorso anche da Bankitalia nell’audizione parlamentare sul Piano di bilancio. I due filoni, che si leggono in controluce anche nel Piano dei conti in cui la premessa firmata da Giorgetti parla di una «nuova fisionomia» per «gli effetti del cuneo fiscale», sono al centro di un fitto lavorio tecnico.

Decalage per redditi fino a 40mila euro

Che punta a un nuovo mix fra tagli contributivi e fiscali per mantenere gli stessi benefici in vigore quest’anno a chi ha una busta paga fino a 35mila euro lordi all’anno («Nessuno perderà un euro», ha assicurato Giorgetti alle Camere) e introdurre un decalage per evitare l’effetto soglia: un effetto perverso, che secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di bilancio 1.100 euro di reddito disponibile a chi supera di un solo euro il tetto dei 35mila lordi e di conseguenza alza un ostacolo imponente sulla strada dei rinnovi contrattuali, dal pubblico impiego ai metalmeccanici.

La soluzione a questo intreccio di problemi, nelle ipotesi elaborate in questi giorni al dipartimento Finanze, viaggia su un doppio binario. Il taglio rimarrebbe contributivo per i redditi più bassi, fino a 20mila euro secondo le ultime tabelle, per poi trasformarsi in fiscale, con un aumento delle detrazioni per il lavoro dipendente. Fino a 35mila euro, come accennato, gli effetti sarebbero analoghi a quelli attuali, in media intorno ai 100 euro netti al mese. Poi partirebbe un decalage, piuttosto rapido per ragioni di risorse, che introdurrebbe il beneficio anche per i titolari di buste paga fra 35mila e 40mila euro, con benefici decrescenti all’aumentare del reddito imponibile.

Un decalage del genere sarebbe piuttosto rapido, ma in ogni caso migliorerebbe il quadro rispetto alla situazione attuale addolcendo quello che oggi è uno strapiombo, aperto a quota 35.001 euro di reddito lordo, e un pesante disincentivo a ogni incremento di guadagni per i tanti lavoratori dipendenti che si trovano in quella fascia. La novità interesserebbe circa 1,14 milioni di dipendenti secondo le ultime statistiche fiscali delle Finanze. I risultati di questo complesso cantiere dipendono ovviamente dall’architettura delle coperture per la manovra, che comincerà a mostrarsi martedì prossimo con il Documento programmatico di bilancio (Dpb) da inviare alla Commissione Ue con la griglia delle principali misure in arrivo e l’indicazione dei loro effetti finanziari. Dai numeri dipenderà la sorte anche dell’altra misura in via di trasformazione strutturale, cioè l’Irpef a tre aliquote: la sua replica è certa e costa circa 4,3 miliardi, ma in lista rimane anche l’ipotesi di un abbassamento, dal 35% al 33%, della seconda aliquota che chiederebbe altri 2,5 miliardi di coperture.

Architettura delle coperture e Irpef a tre aliquote

Tutto dipende dal quadro finale delle coperture, e dal contributo alla causa che riuscirà a dare il concordato preventivo biennale. Proprio questa variabile è destinata a mantenere la partita aperta fino a novembre, anche se ieri Giorgetti ha indicato per la data ufficiale del 20 ottobre l’arrivo in Parlamento della legge di bilancio (che poi può ovviamente essere integrata alla Camera, risorse permettendo).



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arriva la sanatoria precompilata per partite Iva



Nel concordato preventivo biennale arriva anche la sanatoria precompilata. In pratica, nel cassetto fiscale delle partite Iva verrà inserita, lunedì prossimo, una tabella con i dati di base e il calcolo dell’imposta sostitutiva con cui si potranno sanare i conti con il Fisco relativi agli anni 2018-2022, come previsto dal correttivo introdotto in Parlamento nella conversione del decreto legge omnibus. I dati del ravvedimento speciale riservato a chi aderisce al concordato saranno in formato elaborabile (.csv), e potranno quindi essere scaricati e utilizzati anche dal professionista che assiste il contribuente. Il tutto sarà completato da una Guida alla lettura per rendere più fruibile il tutto.

La mossa preparata dall’amministrazione finanziaria ha due obiettivi: il calcolo pre-compilato da Sogei punta a rendere subito evidenti i vantaggi offerti dal Fisco a chi aderisce al concordato, per rendere quindi ancora più diretta la “promozione” della nuova intesa biennale. Dall’altro lato, il fatto che i calcoli siano già stati predisposti e quindi pronti all’uso vuole superare il pressing sulla proroga della scadenza del 31 ottobre, ultimo giorno utile per firmare l’accordo con lo Stato, rilanciata ancora ieri dal presidente del Consiglio nazionali Elbano de Nuccio (servizio a pagina 34). Perché il concordato, o meglio il gettito quantificabile sulla base delle adesioni che riuscirà a raccogliere nella platea dei 4,7 milioni di autonomi soggetti agli Isa o forfettari, è per il Governo un tassello fondamentale nell’architettura delle coperture della manovra, che inizierà ad assumere una prima forma già lunedì con il Documento programmatico di bilancio (Dpb) atteso al consiglio dei ministri. Nel menù della riunione di Governo, prevista per le 18 (ma manca ancora la convocazione ufficiale), rientrerà anche un nuovo decreto anticipi: il meccanismo è analogo a quello utilizzato l’anno scorso, ma le cifre in gioco sono inferiori perché i 3,2 miliardi dello scorso anno erano stati liberati da uno scostamento con extradeficit assente invece nel nuovo programma di finanza pubblica. I tecnici sono al lavoro su un pacchetto di norme che potrebbe comprendere i conguagli previdenziali e altri anticipi di spese coperte da qualche riserva del bilancio. Il decreto, altra differenza con il passato recente, non dovrebbe però riguardare i dipendenti pubblici, che l’anno scorso avevano ricevuto il maxi-anticipo dell’indennità di vacanza contrattuale come antipasto dei rinnovi le cui trattative sono ancora in corso all’Aran. Nel testo dovrebbe entrare invece la precisazione del parametro per calcolare la sanatoria fiscale relativa al 2020-21, anni per i quali il decreto omnibus prevede uno sconto ulteriore del 30% sulle imposte dovute per tenere conto della crisi prodotta dal Covid.

Con il decreto di lunedì, insomma, si completerà l’impianto del ravvedimento speciale sul passato, con l’imposta sostitutiva (dal 10 al 15%) applicata sulle maggiorazioni di reddito (dal 5 al 50%), è misurata sulla base dei voti ottenuti dai contribuenti nelle pagelle fiscali, ed è quindi riservata ai 2,7 milioni di partite Iva (il 57% della platea potenziale del concordato) soggetti agli indicatori sintetici di affidabilità, escludendo dunque i forfetari. Questo meccanismo è stato costruito al Senato, ma lo stesso Governo mostra di scommetterci con la nuova accelerazione tecnologica. Con le tabelle targate Sogei, a ogni contribuente a cui è chiesta un’integrazione sarà immediatamente evidente la cifra, ultraleggera, con cui potrà chiudere i conti sul passato e costruire la pace preventiva con il Fisco sul futuro. Per ricevere le nuove tabelle, però, occorrerà aver presentato almeno per uno degli anni interessati il modello Isa precompilato.

Dal concordato il Governo punta a ottenere almeno due miliardi in due anni, stando alle stime iniziali elaborate a Via XX Settembre che poi però non hanno mai trovato posto nelle relazioni tecniche. A questo gettito sarà collegata una quota delle nuove riduzioni fiscali che la manovra dovrà portare con la trasformazione in senso strutturale del taglio al cuneo e dell’Irpef a tre aliquote. Dall’intesa con il Fisco dipenderà dunque l’assetto finale della griglia dei numeri su cui si reggerà la manovra, destinata ad assumere una prima forma lunedì prossimo nel Dpb da inviare alla Commissione Ue entro il 15 ottobre. Da lì cominceranno a emergere i dettagli della manovra da 24-25 miliardi, che poggerà sui 9 miliardi di extradeficit contemplati dal Piano dei conti, sui quasi 6 miliardi ricavabili dal fondo della delega fiscale (quelli prodotti dall’abolizione dell’Aiuto alla crescita economica) e dal «fondo per la riduzione della pressione fiscale» (alimentato dai risultati strutturali della lotta all’evasione, per 2,2 miliardi secondo il Piano struttuale di bilancio) e sugli altri 9-10 miliardi da recuperare con la spending review, l’aiuto da banche e settori favoriti dalla congiuntura e con le altre misure di copertura.



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Giorgetti: ci saranno ritocchi alle entrate, ma non su persone e imprese



Il ministro dell’Economia

Martedì 15 è il Cdm approverà il documento programmatico di bilancio che sarà mandato all’Ue. L’iter della manovra partirà alla Camera il 20 ottobre

«C’è stata una grandissima polemica e travisamento dei fatti sulla storia dei sacrifici: davanti ad un consesso di banchieri e finanzieri ho detto che i sacrifici dovevano farli tutti, anche loro. Non mi sembrava una bestemmia. Ha suscitato un dibattito incredibile, però davanti ad una platea di banchieri ripeterei esattamente la stessa cosa». Lo ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti intervistato in videocollegamento all’evento di FdI “Far crescere insieme l’Italia”.

La Legge di bilancio, ha proseguito il ministro, «sarà equilibrata e metterà a tacere tutte le polemiche gonfiate e astruse di questi giorni. Le persone fisiche e le imprese non hanno niente da temere. Faremo tagli significativi con sacrifici a ministeri ed enti pubblici. Ci saranno dei ritocchi sulle entrate ma a chi se lo merita». «Chi sta al governo ha la responsabilità di fare le cose. Noi le tasse le abbiamo ridotte con la riduzione del cuneo contributivo dell’anno scorso. Anche la riduzione delle aliquote l’abbiamo fatta», ha proseguito Giorgetti. «Le cose che facciamo sono sotto gli occhi di tutti, rispondiamo con i fatti». Poi il responsabile dell’Economia ha annunciato che martedì 15 il consiglio dei ministri approverà il Documento programmatico di bilancio da inviare alla Commissione europea e per il 20 ottobre la manovra sarà presentata alla Camera.



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Il catasto e l’Italia dei piccoli grandi rentier



Il catasto è una brutta gatta da pelare per i governi. L’idea di un aggiornamento delle rendite catastali seppure vincolato all’avvio di una nuova ricognizione sulle condizioni reali di valori e immobili è stata una delle cause della caduta del governo Draghi.

Catasto significa casa, argomento tabù per il centro destra che considera l’abitazione sacra e inviolabile da parte del fisco. Soprattutto la Lega il partito del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.

Che ha ben chiaro però quale sia il tema: le case che hanno usufruito del superbonus hanno modificato in meglio anche il loro valore grazie all’upgrading della classe energetica. E poiché hanno creato quel valore grazie a un regalo dello Stato è giusto che accettino la rivalutazione delle rendite. che hanno un impatto nel caso di compravendita e nel caso anche di calcolo dell’Imu.

È vero che si tratta per lo più di prime case, ma perché mai dovrebbe avere senso per il Governo rinunciare a qualche milione nel momento in cui il Tesoro è in affanno per trovare i 25 miliardi della prossima manovra finanziaria?

Questa vicenda dimostra ancora una volta quanto si stiano polarizzando gli interessi della rendita rispetto a quelli del lavoro. Tanto da far concludere che alla fine gli italiani stanno diventando un popolo di rentier, magari piccoli (e anche molti grandi) e comunque molto diffusi.



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Giubileo, Gualtieri alle imprese: subito più smart working contro traffico e disagi



Più smart working, ovunque sia possibile, per decongestionare subito il traffico nella Capitale e la pressione sul trasporto pubblico, allentando i disagi legati alle centinaia di cantieri aperti a Roma a due mesi e mezzo dall’avvio del Giubileo 2025. È la proposta avanzata dal sindaco Roberto Gualtieri, in qualità di commissario straordinario di governo per l’Anno Santo, alle organizzazioni datoriali e sindacali della città. Esulta la Cgil, tiepida l’accoglienza da parte delle imprese.

L’incontro in Campidoglio

All’incontro, tenutosi oggi in Sala delle Bandiere in Campidoglio alla presenza degli assessori al Personale e alle Attività Produttive, Andrea Catarci e Monica Lucarelli, del direttore generale della Regione Lazio, Alessandro Ridolfi, e del capo di gabinetto della Città Metropolitana, Francesco Nazzaro, Gualtieri ha esplicitato l’obiettivo di mettere in campo «una serie di azioni per rafforzare e favorire lo smart working nei mesi che precedono l’avvio del Giubileo per alleggerire il peso del traffico sulla città, particolarmente critico nelle zone centrali». Al tavolo, oltre a Cgil, Cisl e Uil per i lavoratori, i rappresentanti di Unindustria, Confcommercio Roma, Confartigianato Roma, Legacoop, Federlazio, Cna, Cciaa, Confcooperative, Agci, Abi, Ance e Acer, Coldiretti, Confagricoltura e Cia.

Giubileo, Gualtieri: a terra l’80% delle risorse per le opere prioritarie

Verso un accordo quadro, i dubbi delle imprese

Una nota del Campidoglio informa della «sostanziale condivisione sull’opportunità rappresentata dall’intesa, che poi sarà definita in maniera concreta dalla contrattazione aziendale». Nelle prossime ore si lavorerà alla stesura di un accordo quadro, rinnovabile anche nei mesi successivi, per fissare il target del rafforzamento dello smart working (l’ipotesi è di almeno un giorno in più rispetto a quanto già previsto in ogni azienda), che sarà poi completato a livello di contrattazione aziendale, «senza ridurre la produttività». Questa è la vera incognita, che giustifica l’accoglienza non proprio calorosa da parte dei datori, da Unindustria a Confcommercio, che si sono detti disponibili a un’intesa di massima rivendicando, però, la libertà di rimandare ogni scelta a un tavolo di concertazione tra la singola azienda e i sindacati. Tante attività, non solo nel settore commerciale e dei servizi, sono già provate dagli effetti dei lavori in corso, in particolare in alcune aree critiche intorno al Vaticano. Dove la «pazienza» chiesta a più riprese a residenti e commercianti è al limite.

La richiesta sarà estesa alle altre amministrazioni pubbliche

L’intenzione di Roma Capitale è quella di “contagiare” anche le altre tante amministrazioni pubbliche che hanno sedi in città: con la Funzione pubblica e i sindacati sarà convocato a breve un analogo incontro. Il Campidoglio ha dato l’esempio, siglando un accordo con le sigle per almeno due giorni di smart working per tutto il personale che svolge mansioni che non richiedono la presenza fisica, estendibile a cinque giorni. Esulta la Fp Cgil di Roma e Lazio: «Questo è un importante e primo risultato frutto della nostra mobilitazione per contribuire a migliorare la mobilità, la qualità dell’aria e la vita di tutti i cittadini e lavoratori. Adesso ci aspettiamo che anche per i 45mila lavoratori delle società partecipate di Roma Capitale si rafforzi lo smart working».

Un test per l’Anno Santo

Cominciare immediatamente con l’aumento del lavoro da remoto significa anche poter testare se l’esperimento funziona ed estenderlo – dati alla mano – se con l’arrivo dei 32 milioni di pellegrini attesi in città la situazione dovesse rivelarsi insostenibile. Per questo Gualtieri ha richiamato l’importanza di potenziare quanto prima il ricorso al lavoro da remoto ovunque sia fattibile già in questi mesi. Il 24 dicembre, con l’apertura della Porta Santa da parte di Papa Francesco, l’Anno Santo prenderà il via. La speranza dell’amministrazione è che per quella data saranno conclusi «tutti i principali cantieri e le manutenzioni delle linee del trasporto pubblico». Ma prepararsi un piano B è meglio.



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